2006/11/24

Il ritorno in patria dei parenti di Osama

di Hammer

La mattina dell'11/9/2001, appena fu chiaro che gli USA erano stati attaccati con aerei dirottati, la Federal Aviation Administration ordinò lo stop di tutti i voli di linea e privati. Solo ai mezzi militari e di emergenza fu consentito di occupare lo spazio aereo statunitense. Il blocco durò fino al 13 settembre, due giorni dopo.

Eppure qualche voce sovversiva sostiene che ai familiari di Osama Bin Laden fu consentito di lasciare il suolo americano in anticipo: proprio durante lo stop aereo. Per qualcuno è la prova di una strana alleanza tra il governo americano e lo sceicco saudita del terrore.

Sarebbe anzitutto interessante chiedere ai complottisti quali legami credono che i parenti di Osama abbiano con le sue attività terroristiche. Osama Bin Laden è figlio di un padre poligamo, ha più di cinquanta fratelli e fratellastri e la sua famiglia estremamente ramificata lo ha pubblicamente disconosciuto nel 1994. Nello stesso anno gli fu anche revocata la cittadinanza saudita.

Ma anche volendo ammettere che ci siano tuttora legami tra Osama e i suoi familiari, possiamo avere informazioni più complete sui voli di rimpatrio della famiglia Bin Laden grazie all'indagine del sito www.snopes.com.

Non esiste nessuna conferma attendibile del fatto che i Bin Laden siano fuggiti dagli USA durante il blocco aereo; al contrario esistono importanti smentite.

La prima smentita viene proprio dal Rapporto Ufficiale della Commissione di Inchiesta (capitolo 10), che asserisce che i cittadini sauditi (tra cui i parenti di Osama) che sono rientrati in patria lo hanno fatto dopo lo sblocco del traffico aereo. Lo stesso Rapporto smentisce coinvolgimenti del governo nell'agevolare il reimpatrio dei cittadini sauditi. Inoltre il Rapporto sostiene che l'FBI ha potuto condurre tutti i controlli necessari a garantire che non uscisse dagli USA nessun saudita implicato negli attentati dell 11/9.

Un'ulteriore conferma giunge da un articolo del 26/9/2001 della testata britannica "The Independent", che menziona il ritorno in patria di alcuni membri della famiglia Bin Laden il 18/9/2001, ovvero cinque giorni dopo la riapertura dei voli.

Nessuna prova, quindi, che ci siano state agevolazioni per qualcuno legato ad Osama Bin Laden. I dati in nostro possesso puntano tutti, invece, in direzione contraria.

2006/11/22

"Mamma, sono Mark Bingham"

di Hammer. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

La telefonata del passeggero Mark Bingham del volo United 93 a sua madre ha scatenato la fantasia dei complottisti. "Mamma, sono Mark Bingham" ("Mom, this is Mark Bingham", in originale), disse l'uomo quando la madre rispose al telefono, e questa frase nasconde, secondo alcuni, qualcosa di strano.

Il professore di filosofia James Fetzer sostiene infatti che nessuno si identificherebbe alla propria madre con nome e cognome. La telefonata di Mark Bingham è quindi, secondo il filosofo, un falso malfatto per nascondere il complotto.

Sarebbe anzitutto interessante chiedere a Fetzer se davvero crede che chi organizza un complotto di queste dimensioni inciampi su ingenuità così puerili; ma fortunatamente, grazie all'indagine del sito 911myths.com, possiamo fare un po' di luce su questa telefonata apparentemente misteriosa.

Fetzer si stupisce, eppure la prima a non stupirsi è proprio la madre di Mark Bingham: la signora Alice Hoglan. Da una dichiarazione della signora Hoglan a "The Flight That Fought Back", un documentario di Discovery Channel, si apprende infatti che Mark Bingham talvolta esordiva così nelle comunicazioni telefoniche.

Mark era infatti un giovane e rampante businessman abituato alle comunicazioni di lavoro dal tono formale. Per via di questa consuetudine, talvolta gli veniva istintivo presentarsi con il nome completo anche nelle conversazioni private.

Inoltre, da quanto apprendiamo dal libro "Among the Heroes" di Jere Longman, Bingham si chiamava originariamente Gerald Kendall, soprannominato Kerry tra amici e parenti, e cambiò il suo nome in Mark all'età di dieci anni. Riporta infatti il libro:

In the spring of 1980, when Mark was again hopscotching from school to school, this time as a fourth-grader in Redlands, California, he made a decision that kids seldom get to make. He named himself. He had been born Gerald Kendall Bingham, and his mother did not want to call him Jerry, his father's name, so she massaged his middle name and came up with Kerry. Except that other kids kept teasing him that Kerry was a girl's name. As mother and son walked to school for the first time in Redlands, having moved there the day before, Alice told him, "Kerry, you're going to a brand-new school, no one knows you here. If you want to change your name, now is the time."As Alice remembered it, he looked at her and said, "Okay, I'll be Mark"."

E' quindi anche lecito ritenere che abbia specificato il proprio cognome per evitare fraintendimenti sulla propria identità, magari temendo di non essere immediatamente riconosciuto presentandosi solo come "Mark".

La madre di Bingham dice che è tutto nella norma.

James Fetzer dice che c'è qualcosa di oscuro.

Scegliete voi chi dei due sia più adatto a giudicare il comportamento di Mark Bingham.

2006/11/17

L'impossibile omertà: esperto del WTC arrestato per falsa testimonianza

di Paolo Attivissimo

Uno dei capisaldi del complottismo è che gli attentati dell'11 settembre siano stati realizzati da individui interni o collusi con l'amministrazione USA: il cosiddetto inside job. Come già considerato altrove, il numero di persone necessarie per attentati organizzati secondo la dinamica complottista, con aerei radiocomandati, edifici minati di nascosto e Boeing sostituiti e simulati al Pentagono e a Shanksville, è estremamente elevato.

Affinché il complotto funzioni, nessuna di queste persone deve mai rivelare nulla, e quest'omertà deve estendersi anche a tutti coloro che si occupano delle indagini successive: se, per esempio, gli ingegneri strutturisti sapessero che il crollo spontaneo del WTC era impossibile (come sostengono i complottisti), sarebbe necessario imporre loro (a ciascuno di loro, e anche a quelli in Cina o in Europa) il silenzio totale. Un'impresa non trascurabile.

Certo la minaccia di morte (ipotizzata sempre dai complottisti) potrebbe essere persuasiva, ma non costituirebbe una garanzia contro le rivelazioni involontarie o anonime o contro la semplice stupidità. Soprattutto, secondo quest'ipotetica persuasione omertosa, tutti coloro che sono coinvolti nella messinscena o vi vengono a contatto dovrebbero essere individui capaci di mantenere un segreto e consapevoli del rischio che correrebbero se lo rivelassero. Tutti, dal primo all'ultimo, gente attenta, inquadrata, seria.

Stride, rispetto a questa visione semplicistica e schematica, la piccola ma esemplare notizia Associated Press dell'arresto per falsa testimonianza del coordinatore delle analisi dentali sui resti delle vittime al World Trade Center, Jeffrey Burkes. Il dentista cinquantottenne ha infatti fornito alla propria amante ricette mediche illegali (reato punibile con 15 anni di carcere), mentito sotto giuramento, falsificato registri contabili e alterato elementi di prova. Si è così rovinato la carriera, ed essendo sposato ha anche tradito la moglie. Non proprio quel che si dice un individuo affidabile, attento al rischio e senza grilli per la testa, insomma.

Il complottista attento potrebbe obiettare che un incriminato per alterazione di elementi di prova è proprio l'individuo giusto da usare per un complotto nel quale si sarebbero dovuti appunto alterare elementi di prova, ma dimenticherebbe di considerare che lo stesso individuo si è dimostrato del tutto inaffidabile e incapace di mantenere un segreto dal quale dipendeva la sua stessa esistenza. Non sarebbe quindi un candidato ideale per custodire i segreti del Grande Complotto.

Una riflessione più generale, invece, è che questo caso è un promemoria del fatto che le persone coinvolte nelle indagini al WTC e sull'11 settembre in generale non sono cliché hollywoodiani; sono spesso individui fallibili, incoscienti e corruttibili. Proprio per questo l'ipotesi della loro omertà assoluta non regge.

Spunti di riflessione dalla lettura dell'articolo dell'esperto del sito di Blondet

di mother

Ho avuto modo di leggere le considerazioni sul sito di effedieffe riguardo i crolli delle Twin Towers. Volevo proporre alcuni spunti a riguardo.
Il ponte di Takoma.
Comincerò ricordando il ponte di Tacoma, un ponte sospeso che venne inaugurato nel giugno del 1940, negli USA. Quattro mesi dopo, ...
Il ponte era stato progettato per resistere ad uragani con venti superiori a 200 km/ora, mentre crollò a causa di un «venticello» che non avrebbe dovuto creare alcun problema di stabilità. A causa di quel crollo vennero apportate anche modifiche immediate ai ponti sospesi già costruiti.
A seguito di quel crollo si scoprì un'azione di sollecitazione trascurata in molti dei ponti sospesi a impalcato deformabile, quindi soprattutto ponti sospesi in campata unica con irrigidimento dato da vari cavi secondo diverse configurazioni geometriche.

Prima di tutto ciò, e prima dell'upgrade-irrigidimento dell'impalcato di molti ponti, però, ci fu lo studio del fenomeno chiamato in seguito flutter, sul quale non mi dilungo.

Per quanto riguarda le strutture in acciaio, il fenomeno del loro indebolimento dovuto al surriscaldamento è ben noto e già ampiamente discusso; diversamente dal flutter, non ha un nome specifico.

Le stesse normative dei pompieri riportano tale fenomeno come molto pericoloso e come fattore di riduzione del coefficiente di sicurezza dell'edificio di cui tener conto prima di far iniziare l'intervento da parte degli uomini.

Piccolo appunto: il coefficiente di sicurezza ridotto da un incendio non è il coefficiente di sicurezza di progetto della struttura, bensì il coefficiente di sicurezza derivante dalla storia di carico della struttura.

La coincidenza fra i due coefficienti sussiste solo nel caso in cui gli elementi strutturali abbiano lavorato nella vita della struttura in campo elastico senza subire quindi modificazioni nel tempo.

Diverso è il caso delle normative di resistenza al fuoco, che recentemente sono state messe in discussione in tutto il mondo da varie fonti, con richieste di aggiornamenti o specificazioni di miglioramento.

D'altra parte, sono stati anche scoperti grazie al World Trade Center ed all'incendio nel tunnel del Monte Bianco altri fenomeni dovuti ad incendio, come lo spalling, che colpisce il calcestruzzo determinando l'espulsione di strati di esso a causa dell'instaurazione di un meccanismo fisico dannoso.

Dal punto di vista strutturale, si ha un danno dovuto sia alla riduzione del copriferro sia all'esposizione delle barre di armatura al fuoco, mentre dal punto di vista dei soccorsi che sopraggiungono per spegnere l'incendio si ha un pericolo per le persone vicine, che vengono colpite da pezzi di pietra.
L'ingegneria dei grattacieli dopo i crolli del WTC. Vediamo ora che cosa è cambiato nell'ingegneria dei grattacieli dopo il crollo, ufficialmente per incendio, di ben tre edifici con struttura in acciaio. Di questi tre, due erano colossi alti più di 400 metri, costruiti in acciaio con un coefficiente di sicurezza pari a 5÷6 (figura 1), imbottiti di amianto per resistere ad eventuali incendi. Quando vennero costruiti l'amianto non era ancora entrato nella lista nera dei materiali dannosi per la salute e proprio l'abbondanza di amianto pare abbia indotto il Comune di New York a meditare su una possibile demolizione delle due Torri già ben prima del 2001.
La rimozione dell'amianto dagli edifici viene eseguita da ditte specializzate. Il miglior modo di rimuovere l'amianto dall'ambiente è lasciarlo in loco isolandolo dall'ambiente, oppure isolarlo dall'ambiente e poi rimuoverlo.

L'idea che il comune avrebbe pensato di demolire le torri per liberarsi dell'amianto è insensata, non fosse altro che il comune avrebbe dovuto dare l'incarico ad una ditta specializzata (che non avrebbe di certo pensato alla demolizione controllata), poiché la frantumazione dell'amianto l'avrebbe sparso, rendendolo impossibile da isolare dall'ambiente.

D'altra parte, come descritto dal NIST, la soluzione adottata quando vennero scoperte le proprietà dannose dell'amianto fu proprio quella di coprire le fibre di amianto con un elemento isolante sia per le fibre del cancerogeno sia per protezione anti-incendio, che era insufficiente.
Nel 1969 venne adottata dalla Porth Authority una protezione di mezzo pollice sulle travature dei floor in Blaze-Shield Type D: una pasta cementizia caricata di fibre di amianto, non una schiuma, ma una sorta di cemento spruzzato.
Ciò fece raggiungere alle Twin Towers una protezione di Classe 1A, mentre la protezione minima richiesta dal Regolamento di New York era di Classe 1B.
Il posizionamento di questa protezione era arrivato al piano 38 del WTC1 quando tutto venne fermato per l'impatto delle fibre di amianto sulla salute degli occupanti.
Dal piano 38 in su del WTC1 e per l'intero WTC2 venne allora utilizzata una nuova pasta cementizia, la Blaze-Shield DC/F, in cui l'amianto era stato sostituito da fibre di vetro minerali, e si provvide a rivestire la vecchia pasta a base di amianto con prodotti che ne sigillassero la dispersione delle fibre cancerogene.
La scelta di tale soluzione da parte di chi bonificò il WTC dall'amianto denota che non era prevista nessuna demolizione o crollo degli edifici, che avrebbe comportato liberazione delle fibre di amianto per rottura dello strato isolante adottato.
Le conseguenze di quei crolli, sull'attuale ingegneria dei grattacieli, inspiegabilmente fu di fatto nulla.
In realtà ci furono parecchie conseguenze. Molti progetti furono bloccati, altri revisionati per prevedere una maggiore sicurezza strutturale. Esempi di questo sono il blocco del progetto TRY2004, la revisione dell'edificio Taipei Financial Center che era in costruzione in quel periodo ed anche il blocco dei lavori alla Freedom Tower a causa del non soddisfacimento delle nuove normative comunali. Un articolo molto interessante è questo:
Architettura assediata dalle soluzioni anti-terrorismo
26/10/2004 – La tragedia consumatasi l’11 settembre del 2001 obbliga oggi l’architettura a confrontarsi col problema della sicurezza. La fluidità progettuale, emblema dell’architettura contemporanea, rischia infatti di essere sacrificata in nome del ricorso a misure di sicurezza anti-terrorismo che la committenza ritiene sempre più necessarie. Ma i grandi progettisti rifiutano l’ipotesi di una società “barricata”, in quanto sintomo di disintegrazione dell’idea di convivenza, insita nel concetto di Urbanitas. L’architettura deve, a loro avviso, difendere gli spazi aperti contro ogni atteggiamento pessimista che, promuovendo soluzioni di sicurezza invasive, rischia invece di trasformare le città in luoghi chiusi evocanti una minaccia di pericolo costante. Fuksas, Perrault, Piano, Libeskind condividono l’idea di un’architettura che, piuttosto che cedere a misure estreme, sia in grado di adottare “misure di sicurezza invisibili” e soluzioni tecnologiche che rafforzino gli spazi aperti al pubblico.
continua nel sito edilportale
Riporto anche parte di un altro articolo, datato 21 settembre 2001, in cui parla Renzo Piano:
Piano, sarebbe una follia ricostruire le Twin Tower
...
Quando ha capito che le torri sarebbero crollate?
"Dopo un minuto. Era scontato. Vede, l'acciaio fonde a mille gradi e un impatto di quel tipo, un aereo carico di carburante scagliato a quattrocento all'ora, scatena un calore di duemila gradi. Ho pensato alle persone là dentro e ho sperato che si rendessero conto del crollo imminente".
...
Qualcuno ha detto che non si devono costruire più grattacieli
"Mi sembra una sciocchezza. I terroristi non hanno attaccato le Twin Towers in quanto grattacieli, ma come simbolo del potere finanziario. Così come hanno attaccato il simbolo militare del Pentagono. Domani potrebbero attaccare uno stadio di calcio, San Pietro o un parlamento. E allora non dovremmo più costruire stadi e parlamenti?"
...
Ma si possono costruire "giganti" più sicuri?
"S'impara da tutto. Abbiamo costruito grattacieli a prova di terremoto. Ora dobbiamo pensare a proteggere i grattacieli da incendi come quello delle Twins. La tecnologia esiste ed è quella che si usa per le piattaforme petrolifere, per esempio le protezioni in fibra di polipropilene. Bisogna ripensare i sistemi di sicurezza, come già stiamo facendo, che renda molto più semplice la fuga".
Questi, che riporto dall'articolo dell'intervista a Piano, sono tre passaggi che reputo interessanti.
Va detto che nel discutere indica come temperatura di fusione dell'acciaio un generico 1000°C e come la temperatura prodotta dall'incendio 2000°C.
In realtà l'acciaio fonde a circa 1500°C e le prove in laboratorio sviluppate dal NIST presentavano punte di 1200°C sviluppate dall'incendio nella torre.

Tornando all'articolo di effedieffe:
Ci sono stati convegni sull'argomento, studi approfonditi, ma alla fine ci si è limitati a ribadire l'ovvio: in futuro porre maggiore attenzione al pericolo degli incendi nei grattacieli e nelle strutture in ferro in generale. Ma gli edifici del WTC non sono solo caduti, si sono sgretolati e sono scomparsi in circa 10 secondi, una cosa incredibile per strutture in acciaio di quella mole.
....
Ma ci sono altri aspetti che quella sequenza di fotografie rivelano.
Oltre all'inclinazione iniziale della parte superiore si assiste anche al suo inspiegabile successivo sgretolamento.
Si tratta di un edificio in acciaio che non può sgretolarsi come se fosse fatto in mattoni o in cemento armato, a meno che non sia sottoposto all'azione di qualche altro agente distruttore, oltre al fuoco ed alla forza di gravità.
Riguardo questo modo di descrivere il crollo, seguito da vari dietrologi, continuo a non capirne la logica. Si parla di sgretolamento, ma la polvere visibile nei video e nelle foto è polvere di cemento e/o calcestruzzo della soletta dei solai e di gesso delle pareti divisorie interne. Non si spiega quindi per quale motivo la polverizzazione (comunque già discussa qui ed anche qui) del cemento diventi polverizzazione dell'acciaio.

operaio che per bonificare Groud Zero taglia l'acciaio
evidentemente non polverizzato

detriti di acciaio non polverizzato sparsi qua e la su ground zero
Il particolare di cui parleremo è quello della prima fase del crollo della Torre Sud. A differenza della Torre Nord, che crollò in modo perfettamente verticale sin dalla prima fase, mostrando il cedimento iniziale proprio del nucleo di pilastri centrali, quelli con maggior resistenza, la Torre Sud invece iniziò il crollo con una vistosa inclinazione del blocco superiore di 25 piani, quelli sopra gli 8 piani incendiati direttamente dall'aereo (figura 7), ricordando che i piani delle due torri erano 110.
In realtà entrambe le torri si sono inclinate da un lato, simbolo che nell'arco dei circa 60 minuti passati con un fumo prodotto da incendio ha subito delle modifiche tali da rendere la variazione tensionale interna.

Ogni mutamento degli stati tensionali nella materia solida segue una modifica fisica più o meno misurabile.
WTC1...
A questo punto la parte dell'intero edificio superiore ai piani impattati si inclina verso
Sud (circa 8°),
WTC2...
La parte intera di edificio sovrastante la zona danneggiata inizia ad inclinarsi verso Est (7-8°) e verso Sud (3-4%) link
Dall'articolo di Effedieffe:
La Torre Sud complessivamente ha impiegato circa 10 secondi per le fasi del crollo.
Esistono varie fonti per le fasi di crollo: il rapporto di Palisades, che indica:
I valori così ottenuti indicano in 10 secondi e 8 secondi il tempo di crollo delle due torri.
con una precisione di più o meno due secondi per ogni singola misurazione del tempo (il tempo di crollo deriva dalla differenza di due singole misurazioni di tempo).

E le indicazioni del NIST
NIST estimated the elapsed times for the first exterior panels to strike the ground after the collapse initiated in each of the towers to be approximately 11 seconds for WTC 1 and approximately 9 seconds for WTC 2.
Dall'articolo Effedieffe:
I detriti, che si vedono scagliati lontano, non hanno una temperatura elevata, certamente non superiore a 500 °C, altrimenti apparirebbero luminosi.
I detriti scaricati distante, oltre ad essere di piani inferiori schiacciati dal tronco superiore mentre cadeva, erano per la maggior parte coperti dalla nube di polvere. Inoltre, anche tralasciando i video che mostrano il danno alle colonne perimetrali, rimane comunque che le analisi ai campioni FEMA di acciaio mostrano una modificazione chimica tale che devono essere state raggiunte temperature di 700°C per un campione e 1000°C per l'altro.

Il NIST affianca alle analisi chimiche le analisi in laboratorio su porzioni di World Trade Center ricostruito o di uffici ricostruiti, su cui simula l'incendio e misura tramite sensori i valori raggiunti, affiancando questi dati ad altri che provengono da altre fonti (come le immagini di colonne perimetrali lambite dalle fiamme, anch'esse poco visibili sui video ripresi da centinaia di metri di distanza quel giorno).
Quindi dove sarebbe la temperatura elevata (oltre 800 ÷ 900°C ) necessaria per indebolire la struttura sino al collasso istantaneo?
La temperatura utile per indebolire un elemento strutturale caricato è assai inferiore, e pari a 650°C circa per acciai da costruzione.
Che cosa può aver scagliato travi (o pilastri) d'acciaio «freddo» a tanta distanza?
Lo schiacciamento della struttura avrebbe accartocciato i pilastri e le travi, ben difficilmente avrebbe potuto scagliare lontano parti della struttura, certamente non nella fase iniziale del crollo.
Il meccanismo dell'instabilità dell'equilibrio fa sbandare per scatto verso l'esterno le travi e l'entità dello sbandamento dipende da vari fattori, tanto quanto l'espulsione dipende dai collegamenti di questa con il resto della struttura. Difficile è dire quanto integri fossero tali collegamenti dopo 45 minuti fra impatto dell'aereo ed incendio.
La dinamica del crollo, come risulta da una interpretazione compatibile con l'esclusione di qualsivoglia agente, oltre gli aerei ed il loro carburante, è invece illustrata nella sequenza di figura 5a.
Questa figura sintetizza il pregevole studio condotto da Zdenek Bazant e Young Zhou (1) (di seguito li indicheremo come BZ).
Ma, come vedremo, questa interpretazione è in contrasto con la documentazione delle immagini del crollo. Analizzeremo in dettaglio questo aspetto poiché da esso si possono trarre indicazioni interessanti. Il NIST, come altri enti governativi, non ha fatto una simulazione numerica dettagliata della fase finale dei crolli ed in particolare della Torre Sud, partendo dalle condizioni iniziali che sono ben chiarite dalla fotografie e dai filmati.
Non ci si chiede mai perché l'analisi non è stata eseguita, ma si porta sempre questa mancata analisi del NIST come prova del complotto. Perché l'analisi non è cosa semplice: la non linearità insita in uno studio tramite modello FEM del crollo con urti anelastici di un edificio presenta svariate difficoltà (a cui si somma che tale simulazione richiederebbe un numero esoso di elementi finiti).

Spiegando velocemente, due sono le caratteristiche che rendono difficile la ricreazione digitale di tale fenomeno, assegnando un'affidabilità dubbia agli attuali modelli sviluppati col metodo FEM:
  • l'asimmetria fra i fenomeni di rottura fra elementi nel fenomeno e la struttura fissa di un modello di calcolo che prevede una struttura ad elementi e interazioni fra queste fisse
  • la discretizzazione che riduce i nodi rappresentativi degli elementi strutturali, riducendo di conseguenza le possibilità di impatto e quindi allontanando da una perfetta simulazione del fenomeno
A ciò si aggiungono le non linearità classiche (non linearità del materiale, non linearità geometriche, integrazione nel tempo, integrazione con la teperatura, ...). Risolvere queste due problematiche è assai difficile sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista computazionale.

Il codice del NIST, lo dice lo stesso ente nel suo rapporto, è estremamente pesante e richiede per pochi piani l'uso di un supercomputer per il processamento (forse è esoso anche per il post-processamento). Simulare 20 piani, quindi, è già complesso; figuriamoci simularne 110 in un fenomeno altamente nonlineare.

Altra controindicazione di natura più tecnica allo studio con codici FEM del fenomeno di crollo è il limite che questi hanno nei confronti dei fenomeni dinamici. Tanto per farne un accenno, basti pensare che un modello agli elementi finiti di un edificio ingenera un sistema di equazioni che è rappresentabile con un'equazione matriciale (Ka=F) da cui si ricavano gli spostamenti con cui si ottengono a scalare nel postprocessamento tutti i dati utili (tensioni, sforzi, sollecitazioni, deformazioni, ecc...).

Quindi nel caso di fenomeno elastoplastici si ha una trattazione relativamente semplice che ingenera un sistema con matrice di rigidezza K simmetrica sparsa a diagonale dominante, risolvibile con semplici metodi numerici.

Invece nel caso dei fenomeni dinamici si ingenera una matrice di rigidezza molto più complessa, che può perdere le caratteristiche utili per la risoluzione in campo numerico secondo metodi noti (dominanza diagonale, termini diagonali non nulli, unicità della soluzione, soluzione nel campo reale). Ciò complica ulteriormente il processamento e richiede programmi di calcoli appositi secondo teorie sviluppate solo negli ultimi 5-10 anni, su cui molto ancora c'è da scoprire.

Simulazioni precise agli elementi finiti di crolli di edifici, quindi, non esistono (almeno per ora), ma comunque possono essere reperiti dei piccoli esempi riguardo la fattibilità del crollo, eseguiti con codici di calcolo estremamente innovativi e costosi.

Video di LU Xinzheng & JIANG Jianjing

Non si può stimare quanto il comportamento si differenzi dal comportamento verificatosi, quindi non si può avere un'idea dell'errore di simulazione.

Inoltre le condizioni della struttura all'inizio dei crolli non sono poi così chiare se si parla di palla di fuoco che è scesa per il vano ascensori, di stridìo della struttura con ben due testimoni tecnici (Mike Pecoraro e Frank DeMartino) che, come da ricostruzioni, sapevano che la struttura stava cedendo.

D'altra parte è da valutare l'effetto alla base dell'impatto dell'aereo, che molto probabilmente aveva portato all'alterazione di parte degli elementi strutturali. Invece è certo che la ridistribuzione delle tensioni nell'edificio a causa del foro dell'impatto dell'aereo, per quanto previsto con norme e capacità numeriche vecchie di 20 anni, aveva creato una situazione asimmetrica di sollecitazione a cui si aggiungeva nei piani di impatto l'apertura del quadrato di chiusura dei perimeter wall.

Condizioni non proprio ottimali per un edificio progettato e calcolato con nucleo centrale adibito a resistere agli sforzi di compressione e pareti laterali adibite a resistere agli stati flessionali.
Dalle fotografie riportate nelle figure 2 e 3 si può stimare la velocità di rotazione e di traslazione orizzontale della parte superiore della Torre Sud, i 25 piani più alti.
La trattazione di BZ ha fornito una interpretazione del perché, nonostante la rotazione iniziale di quel blocco di 25
piani, la Torre Sud abbia poi proseguito nel crollo verticale, con l'improvvisa apparente scomparsa della rotazione.
E' tutta colpa della cinematica in una struttura con vincoli che vengono a cedere. Fintanto che un vincolo sostiene parte della struttura o tutta la struttura, questa, soggetta alle azioni vento e gravità (nell'ordine in genere 10 a 1), resta in piedi con configurazioni isostatiche o iperstatiche.

Qualora la struttura o parte di essa abbia raggiunto la labilità, invece, si passa dai piccoli spostamenti ai grandi spostamenti (cinematica appunto) con movimenti dipendenti dai legami integri o parzializzati (vincoli interni e/o esterni).

Una struttura che ruota in tempo finito (non istanti ma lassi di tempo misurabili) è indicazione quindi di spostamento dello stato sollecitativo per effetto del cedimento di parte di questi vincoli (interni e/o esterni), con conseguente variazione del posizionamento fisico secondo i ben noti legami tensioni-deformazione, in questo caso applicati ad una struttura complessa.

Per la precisione, tali stati deformativi impediti nel caso di strutture iperstatiche vengono messi in moto quando il cedimento degli elementi-vincoli che le compongono divengono tali da rendere la struttura isostatica.

Il cedimento complessivo della struttura o innesco della labilità è invece lo stato finale di ogni struttura civile che ha subito determinati danni.

Da ciò si può capire che l'ostinazione con cui alcuni dietrologi difendono la teoria complottista parlando di "innaturale cedimento perfettamente verticale" (vedi Steven Jones) o altri dietrologi di "innaturale cedimento laterale" (come affermato nell'articolo di effedieffe) è sintomo di superficialità nei confronti di una realtà ben più complessa in cui vi è un'evoluzione della storia sollceitativa o tensionale dell'edificio.

Non esiste una correlazione netta fra edifici demoliti o crollati naturalmente e direzionamento verso cui crolla la struttura, poiché tale aspetto dipende da altri fattori e dall'evoluzione della risposta strutturale.
L'ipotesi di BZ, nel caso della Torre Sud, è l'unica possibile per fornire un minimo di veridicità ad un crollo che fosse dovuto all'impatto della parte superiore (figura 5a) su quella inferiore. Ma come vedremo questa unica ipotesi possibile è smentita dalla documentazione fotografica. Si può valutare in circa 30° l'angolo di rotazione effettivamente subito dalla parte superiore, dopo circa un secondo dall'inizio del crollo. Quindi la sua velocità angolare sarà stata dell'ordine di 5÷6 giri/min.
La rotazione si era sviluppata anche ad incendio in corso, non è un effetto del meccanismo di crollo, ma un effetto della variazione del meccanismo strutturale nei 45 minuti precedenti al crollo.
La velocità di traslazione del baricentro G avrà raggiunto i 20÷30 metri/secondo (forse un valore più elevato se si considera che il baricentro reale era più in alto del punto di mezzo) se la rotazione si è svolta sempre attorno al punto A.
Questa velocità conferisce al blocco di 25 piani un'energia cinetica «orizzontale» enorme a causa della sua massa di circa 8÷9 *10^7 kg.
Anche Bazant e Zhou (BZ) affermano che la parte superiore iniziò effettivamente la rotazione attorno al punto A a cau-sa del cedimento laterale dei pilastri dei piani incendiati (figura 5a - fase b).
Ma questa rotazione, dovuta all'azione della gravità sul baricentro G, esigeva una reazione vincolare che i pilastri dei piani incendiati non avrebbero potuto sostenere.
Dopo una rotazione di appena 2.8°, secondo BZ, i pilastri non avrebbero dovuto reggere lo sforzo orizzontale generato dalla rotazione.
Il centro di rotazione sarebbe quindi passato nel baricentro G della parte superiore, così che questa parte avrebbe ruotato attorno a G, lasciando il baricentro quasi allineato con l'asse della torre.
Questo particolare, come si è detto, è di vitale importanza per garantire un minimo di credibilità alla teoria del crollo indotto dalla parte superiore, un crollo che è stato sostanzialmente verticale.
Nella fase finale (figura 5a - e) la parte superiore si sarebbe distrutta cadendo sulla parte inferiore ancora ferma, innescandone poi il crollo. Ma le immagini fotografiche contraddicono inequivocabilmente questa ipotesi. La nube, che BZ fanno giustamente comparire solo in questa ultima fase, in realtà (inspiegabilmente per le spiegazioni ufficiali basate sul crollo termico) si è creata sin dall'inizio del crollo, oscurando i particolari, che nella foto sono stati ricostruiti prolungando gli spigoli nella parte visibile. Una struttura d'acciaio non si sgretola, ma si accartoccia e si deforma, tanto più se il suo fattore di sicurezza è 5 (o 6) e non 2, come asseriscono BZ. Inoltre, se con l'impatto con la parte inferiore viene bloccato lo spostamento della parte superiore, questa ruoterà attorno al punto di arresto e quindi in ogni caso crollerà lateralmente. Ma, come appare dalle fotografie, tutto questo non è vero. La parte superiore ebbe il baricentro spostato lateralmente rispetto all'asse della torre. Proprio ciò che BZ avevano cercato di negare.

Ecco qui di seguito due interessanti video.
Video1 e video2
Su uno si vede il bordo danneggiato della struttura collassare verso l'interno di questa torcendosi su se stesso. Nell'altro si vede che il crollo partendo da una configurazione già inclinata travolge uno due piani prima di cominciare a ruotare verso l'esterno.

Dopo una parte di rotazione cedono anche le altre colonne in una progressione del cedimento nel piano lesionato dall'aereo progressiva a cui segue il crollo verticare della torre. Infine come si vede bene nell'angolo in basso a destra vi è un'ennesima rotazione di parte del materiale che torna a spuntare dal fumo protendendosi in avanti.

Oltre a questi particolari in entrambi i video si vede chiaramente che il fumo prodotto dall'incendio al momento dell'innesco del crollo viene espulso insieme alla polvere dei primi piani coinvolti nel collasso.
Poi le due parti rimasero agganciate e, a causa del crollo indipendente della parte inferiore, quest'ultima trascinò nel crollo verticale anche la parte superiore ruotata. La rotazione della parte superiore venne arrestata dal crollo della parte inferiore. Si deve infine notare che nella fase del crollo della parte inferiore, questa agì su quella superiore sottoponendo a trazione ciò che restava dei pilastri inizialmente collassati.
In uno stato di compressione la sovrapposizione con uno stato flessionale non è detto sia tale da creare una configurazione di sollecitazione finale con asse neutro interno alla sezione dell'edificio, anzi la rotazione attorno ad un punto posto sul perimetro esterno dell'edificio indica proprio che lo stato flessionale provocava sul perimetro opposto a quello di ingresso dell'aereo uno stato di tensione insufficiente per contrastare la compressione superiore (insomma grafico a trapezio o triangolo, non a farfalla, comunque risultante di un grafico di compressione ed uno di flessione).

Si ha quindi la rotazione del baricentro e non attorno al baricentro del troncone superiore di edificio rispetto la posizione dell'asse neutro come confermato anche dalle immagini.
Tra l'altro se come prima detto il baricentro di applicazione della forza peso si è spostato di 20-30 metri si ha che questo finisce fuori del nocciolo della sezione (per sezioni rettangolari e quadrate è un sesto della larghezza della sezione pari a 10.6 metri circa), quindi essendo lo sforzo di compressione della forza peso fuori nocciolo si ha che sicuramente l'asse neutro è fuori della sezione, determinando un grafico trapezoidale e non a farfalla.

Tutti questi elementi indicano per una struttura con resistenza sul piano equamente distribuita lo spostamento delle tensioni dalla configurazione simmetrica di compressione a quella alternata della flessione verso il lato danneggiato, con risultato un sistema sollecitativo misto.

Va comunque considerato che la flessione con asse neutro fuori sezione determina per tutte le colonne un aumento delle tensioni poichè il tipo di sollecitazione che va a sovrapporsi a quello di compressione ha valore nullo fuori sezione (e quindi è equiverso per tutta la sezione del WTC anche se con valori differenti).

Inoltre assolutamente da non trascurare per il lasso di tempo in cui la struttura era ancora in grado di reagire all'impatto dell'aereo poichè per sua iperstaticità poteva sopportare le variazioni sollecitative con mutamento del sistema di tensioni interno e diminuzione del grado di iperstaticità, la ripartizione nelle strutture iperstatiche avviene proprio grazie alla rigidezza degli elementi strutturali in cui interviene una grandezza che subisce direttamente l'influsso dell'incendio (il modulo elastico dell'acciaio, rigidezza= coefficiente*E*J).
Si deve infine notare che durante le demolizioni le cose non vanno sempre perfettamente come previsto e l'iniziale deviazione nel crollo della Torre Sud è da considerare normale durante queste operazioni.
La demolizione di un piano squassato da un Boeing ed un incendio di circa 60 minuti. Per fare un paragone viene da pensare che l'esplosivo sia come Superman, visto che resiste ad incendio senza detonare ed al Boeing senza disintegrarsi per ben 60 minuti. Dopo 60 minuti interviene la kriptonite ed il crollo non va perfettamente!

Anche Danny Jowenko, esperto di demolizioni controllate ,mette in dubbio la possibilità che l'esplosivo ed i detonatori possano essere sopravvissuti per il WTC 1 e 2 e per il WTC7, crollo definito inizialmente come "da demolizione controllata" e che diventa "strano" quando gli si fa notare l'incendio ed il fumo.
che cosa ha impedito a quel blocco, pari a 25 piani, di scivolare verso terra rotolando e staccandosi dalla restante parte (secondo la sequenza di figura 5a)?
Lo spostamento di 20 metri del baricentro in orizzontale (non l'ho verificato) avrebbe spostato il centro della torre a 12 metri dal bordo. Oltre a questi 12 metri di sovrapposizione altri 32 metri di lato del troncone superiore sarebbero stati sovrapposti al resto della struttura. Avremmo quindi 44 metri di troncone superiore sulla verticale del resto della struttura secondo l'ipotesi fatta di innesco del crollo rispetto alla misura totale di 68 metri (circa due terzi). Una quantità non indifferente per non supporre un collasso di uno sull'altro.
Nonostante la velocità orizzontale iniziale, che la parte superiore aveva acquistato, che cosa ha riagganciato le due parti facendole crollare assieme verticalmente?
Il cedimento vincolare che aveva generato il meccanismo della rotazione nel passaggio da struttura isostatica a struttura labile (o da labile con certo grado di labilità ad un grado superiore).
Il tempo di caduta...Ed è su questo particolare che Attivissimo ha commesso un altro errore, quando afferma che si vedono grosse travi di ferro sopravanzare parti delle torri mentre cadono, fornendo così una chiara indicazione che queste (le torri) non sarebbero scese in caduta libera ma sarebbero state più lente.
Il problema dell'analisi del tempo impiegato nel crollo delle torri non è che siano state più lente (per questo i dati ufficiali mostrano che è stato impiegato maggior tempo rispetto al crollo in caduta libera); il problema è quanto più lente dovevano cadere e determinare quanto diverso sarebbe stato in altri casi (con considerazione anche di errori di misurazione), tipo con l'uso di esplosivi.
In realtà il paragone non si può fare perché ignoriamo con quale velocità iniziale sono state scagliate le travi prese a confronto, mentre sappiamo con certezza che le Torri partivano da una velocità verticale nulla e la resistenza dell'aria per detriti più leggeri è superiore a quella per una trave di ferro.
In realtà questa supposizione è sbagliata visto quanto prima detto. Infatti se si suppone che un tronco di torre ruoti attorno ad un punto con una velocità di 5-6 giri al secondo i punti non nell'asse di rotazione subiscono una componente verticale ed una orizzontale di rotazione-velocità. Si può comunque considerare la velocità di innesco del crollo come nulla, favorendo così la teoria complottista.
I tempi di caduta risultano in modo inequivocabile dai filmati dei quali si conoscono le velocità di ripresa (i fotogrammi al secondo).
Purtroppo la presenza di palazzoni di 30 piani intorno alle torri gemelle toglie una parte notevole di crollo dalla visuale. Altre fonti invece sono state indicate sopra nell'articolo (NIST e Palisades).
Alle masse, indipendentemente dalla loro temperature, è associata l'inerzia. Sono affermazioni di una ovvietà disarmante ma lo scopo è proprio quello di disarmare qualsiasi obiezione. Costruiamo quindi l'ipotesi detta del «pankake» o accatastamento. Questa ipotesi è stata poi rifiutata dal NIST, che ha preferito adottare l'ipotesi del crollo per implosione, un meccanismo per il quale è difficile calcolare il tempo necessario per completare il crollo.
Se utilizziamo una ipotesi di crollo differente da quella verificata nel fenomeno dobbiamo anche aspettarci un errore sia che calcoliamo il crollo con esplosivi sia che calcoliamo il crollo "naturale".

Certo possiamo valutare la differenza fra il (crollo "naturale" + errore1) rispetto al (crollo con esplosivi + errore2) e paragonare il risultato con il metro di paragone che ci fa più comodo.
Il risultato è il moltiplicarsi delle discussioni nei forum Internet... almeno questo è certo.
L'ipotesi fondata sul «pankake» consiste in un modello formato da 110 masse ...Quando la massa dei 25 piani più alti (supponiamo che le travi ed i solai degli 8 piani bruciati siano stati espulsi) arriva a colpire la massa del primo piano che non ha bruciato (il 77mo ), possiamo ragionevolmente supporre che si verifichi un urto anelastico.
Ciò si verifica anche nelle esplosioni in sequenza in cui un piano viene messo in moto prima del successivo e presenta quindi un tempo di esposizione all'accelerazione di gravità e di conseguenza una velocità di caduta maggiore rispetto a quelli del piano inferiore con conseguenti urti anelastici di piani in moto a velocità diverse (un po' come due macchine che si tamponano anche se in corsa entrambe nella medesima corsia della strada).

Un analogo lo si ha con le demolizioni controllate alla sola base dell'edificio, in cui il cedimento artificiale dei vincoli del piano terra fa collassare sul terreno i piani in cascata.
Non si verifica invece nelle demolizioni controllate in cui tutti i piani vengono fatti esplodere al medesimo istante e nasce un crollo simultaneo di questi a più livelli (quest'ultimo caso si può notare come non sia verificato nei vari video - immagini del WTC).

In questo caso gli elementi a distanza diverse dal suolo vengono liberati dai vincoli al medesimo istante e quindi subiscono eguali incrementi di velocità nel tempo.
E' quindi erroneo considerare il crollo a gravi liberi come casistica delle demolizioni controllate poichè solo uno di questi possibili meccanismi di esplosione (quello non verificato da video) è tale da ingenerare un sistema di collasso pancake confrontabile con il moto del grave libero.
Supponiamo che ogni piano sia sostenuto dalla struttura che però non avrebbe offerto alcuna resistenza al trascinamento verso il basso quando arriva il crollo della parte superiore. Tutte le ipotesi fatte sono per ottenere la massima velocità di caduta, conservando un minimo di verosimiglianza. La massa del 77mo piano viene inglobata nella massa dei 25 piani che stanno cadendo, provocando un piccolo rallentamento perché si tratta dell'urto tra un corpo in movimento ed uno 25 volte più piccolo ma fermo. La massa che crolla aumenta ad ogni piano e l'urto si ripete per 77 volte. Alla fine la caduta viene un po' rallentata, anche se si considera nulla la resistenza della struttura.
Da una parte abbiamo la riduzione della velocità che nella formula dell'energia cinetica compare al quadrato, dall'altra abbiamo l'aumento della massa dei piani che vi si assommano nel crollo che compare sia nella massa della formula dell'energia cinetica sia nella formula dell'energia potenziale.

Infine vi è l'altezza dell'energia potenziale che anchessa si riduce di piano in piano. Vediamo gli ordini di grandezza:
  • l'altezza si riduce di unità di metro 10^0, la massa nella formula dell'energia potenziale di piano in piano aumenta di quantità dell'ordine di 10^7 come prima indicato. Quindi l'energia potenziale di piano in piano aumenta rispetto alla iniziale.
  • la velocità di caduta (dovrebbe essere intorno ai 0--5 metri al secondo) facciamo finta che sia di ordine 10^1, quindi il quadrato della velocità che si riduce per urti anelastici di piano in piano, indica decrementi dell'ordine di 100=10^2, ma anche qui la massa aumenta di piano di un ordine di grandezza pari a 10^7. Quindi complessivamente anche l'energia cinetica di piano in piano aumenta rispetto al valore iniziale del primo piano crollato con meccanismo pacake.
Il sistema dissipa energia per urti anaelastici ma è del tutto in grado di autoalimentarsi crescendo sempre più piano per piano.

Tutto ciò secondo la teoria pancake che prevede una disconnessione dalle superfici di impatto e dalla considerazione di impulsi locali di sforzo fra elementi crollanti ed elementi travolti.
Per fermarsi dovremmo quindi presupporre che l'aumento di energia instabilizzante (potenziale e cinetica) dovrebbe creare energia stabilizzante, fenomeno non possibile in fisica.

Da notare che lo stesso Danny Jowenko parla di tale fenomeno, visto che accenna a "sfruttare la gravità", ovvero innescare il crollo su un piano e lasciare che l'energia potenziale faccia il resto del lavoro di demolizione.

Allora l'aumento di energia instabilizzante dovrebbe essere controbilanciato dalla resistenza delle strutture, per giustificare l'ipotesi del blocco del crollo.

Qui si finisce nell'ipotetico, poiché ognuno valuta come preferisce l'energia delle strutture (come fosse l'unica approssimazione che viene fatta in modo erroneo su tali dimostrazioni....)
Anche ipotizzando a favore della resistenza che i corpi reagiscano in eguale modo a carico progressivo ed a urto (cosa tremendamente sbagliata), abbiamo che la resistenza di ogni piano per rallentare l'energia del sistema dovrebbe non solo essere uguale all'aumento di piano in piano di energia instabilizzante, ma anche pari ad una quota parte dell'energia iniziale di partenza, in modo tale che entro X piani (10..20...max 110 piani) sia gli aumenti di energia del sistema che le iniziali energie potenziale e cinetica degli elementi strutturali siano annullate, riportando il resto della struttura al bilancio energetico energia resistente del piano = energia potenziale di un dato piano.
Mentre in caduta libera il blocco dei 25 piani impiegherebbe 8,07 secondi, con il rallentamento inerziale delle masse dei piani inferiori si avrebbe un tempo di caduta dell'ordine dei 15 secondi, tenendo conto del fatto che la struttura diventa più pesante scendendo d'altezza poiché deve sostenere un carico statico maggiore.
La struttura dei piani inferiori diviene maggiore poiché il carico statico aumenta; purtroppo il carico prima statico, ma ora in moto, ha in se molta più energia proprio per il fatto che ora è in moto. Quindi la resistenza del tronco inferiore deve compensare proprio questa energia dovuta dal passaggio dalla condizione di stasi a quella di moto avendo tra l'altro una notevole diminuzione della capacità resistente.

Va da sé che più si scende più la massa aumenta di un ordine pari a 10^7 (moltiplicato per altri fattori), mentre la resistenza in statica si oppone per esempio alla forza peso che nell'ambito energetico è rappresentato pari pari dall'energia potenziale.

Viene quindi da chiedersi come sia possibile che strutture dimensionate per il bilancio dell'energia potenziale del troncone superiore riescano a sopportare l'energia potenziale del troncone superiore con l'energia cinetica dello stesso troncone (sempre nell'ipotesi erratissima di resistenza in campo statico uguale a resistenza in campo dinamico e di teoria pancake).

Un esempio similare è il martello pneumatico. Appoggiato ad una soletta di calcestruzzo, la forza peso della macchina non lede il materiale da costruzione. Messo il moto e solo direzionato dall'operaio, la forza peso del macchinario con urti continui in aree ben definite spappola con un meccanismo dinamico di urti anelastici anche un materiale che in statica resisteva benissimo.
Sul mistero del crollo verticale della Torre Sud si è ampiamente parlato sopra. Poiché nel nucleo centrale erano contenute anche le scale, che in parte sono rimaste agibili durante l'incendio, si può nutrire qualche dubbio sulla veridicità dei risultati delle simulazioni.
Io continuo a non capire come si possa affermare che le scale sono rimaste agibili per 45-60 minuti se molta gente continuava a sbandierare dalle finestre del troncone superiore alla zona di impatto richieste di aiuto. In fin dei conti c'erano le scale... no?!

In conclusione molte delle voci del campo dietrologico riguardanti il crollo delle torri gemelle sollevano parecchi dubbi per impostazione e per considerazioni sollevate. Il confronto con il materiale multimediale disponibile sul crollo delle torri smentisce poi taluni aspetti di tali teorie. Infine il confronto fra le varie fonti rende sempre più strane le considerazioni sollevate per arrivare sempre alla medesima conclusione.

La conclusione è: "le torri sono crollate innaturalmente poichè è entrata in gioco una misteriosa forza che ha ingenerato particolari effetti". Gli effetti variano fra teoria e teoria, dall'edificio che sarebbe crollato naturalmente se fosse crollato di lato, all'edificio che sarebbe crollato naturalmente se fosse collassato tutto su se stesso.

La riduzione dei meccanismi di crollo a tali semplici aspetti, per quanto intuitivi e facili da ricordare dalla maggior parte dei lettori, è una visione superficiale di ciò che ingenera labilità nelle strutture e del comportamento correlato che ne consegue.

2006/11/13

Chi è David Icke, uno dei principali complottisti mondiali

di Hammer. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Lo scrittore David Icke è considerato uno dei guru del complottismo mondiale. Sicuramente si tratta del più famoso complottista britannico, ed è molto noto anche in Italia. Una sua intervista su vari argomenti è stata rilasciata a Nexus Italia e pubblicata sul numero 36 della rivista e, in seguito, dal sito Disinformazione.it.

Dalla sua biografia, pubblicata sul suo stesso sito, apprendiamo che Icke (si pronuncia "àik") è nato a Leicester, Inghilterra, nel 1952. Fino al 1988 è stato dapprima un calciatore, portiere del Coventry City e del Hereford United, poi giornalista sportivo per la BBC. Dal 1988 al 1991 è stato uno dei portavoce del Partito Verde Britannico. La biografia ufficiale non ci informa, come invece fa il sito Skeptics.org.uk, che Icke è stato in seguito espulso dal partito e che il giornale The Observer lo ha incluso nella lista dei dieci peggiori politici provenienti dal mondo dello sport professionistico.

Fin qui non sembra certo un curriculum adatto a chi ritiene di avere importanti e sconvolgenti novità per l'umanità in campo scientifico.

Nel 1991, invece, ha iniziato la sua attività di scrittore: i suoi testi sono un misto apocalittico di New Age e complottismo. L'idea alla base di tutto il suo pensiero è che l'umanità sia da millenni controllata e soggiogata da una rete di società segrete detta "Confraternita babilonese"("Babylonian Brotherhood" in inglese). La Fratellanza sarebbe a sua volta controllata, secondo un principio piramidale, da una Grande Elite composta da organizzazioni militari, bancarie, religiose e altre strutture importanti di questo tipo.

Alla vetta della piramide si trova un gruppo ristretto di extraterrestri ibridi rettile-uomo che si confondono nell'umanità grazie alla loro capacità di assumere sembianze completamente umane. Di questo spietato gruppo intenzionato a schiavizzare l'umanità, detto "Prison Warders", farebbero attualmente parte Bush, Blair, Hillary Clinton e la compianta Regina Madre d'Inghilterra.

Stupisce poco, quindi, che secondo David Icke gli attentati di Oklahoma City e dell'11 settembre siano stati orditi da questa organizzazione extraterrestre che controlla la razza umana plagiandone le menti.

Stupisce ancora meno che alla pagina sull'11 Settembre del sito di David Icke e nei suoi libri sull'argomento si trovino tutte le argomentazioni presenti nei siti e nei documentari complottisti più diffusi.

Penserete che ci voglia molta fantasia a partorire teorie fantascientifiche come quelle di Icke. Ma forse no.

Le teoria degli extraterrestri rettili antropomorfi che vogliono conquistare il pianeta e controllare l'umanità è stata anticipata di qualche anno dal serial televisivo degli anni '80 "V" (noto in Italia come "Visitors"), da cui è tratto il fotogramma a fianco.

L'affermazione di David Icke, rilasciata in un'intervista del 1991 a Terry Wogan, in base alla quale egli stesso sarebbe figlio della Divinità, ricorda molto le analoghe affermazioni di Rael, il bizzarro profeta ritratto nell'immagine sottostante.

Il fondatore della setta dei Raeliani ha, infatti, più volte sostenuto di essere figlio di Yahweh e fratello di Cristo. E' interessante anche notare che sempre secondo la dottrina di Rael la vita sulla Terra fu creata, guarda caso, da una razza extraterrestre.

La teoria del controllo piramidale dell'umanità si riscontra, sebbene con importantissime differenze, anche nella dottrina della setta islamica "The Nation of Gods and Earths". Secondo il suo insegnamento, l'85% dell'umanità vive nell'ignoranza, soggiogata da un 10% che possiede conoscenza sufficiente a mantenere la maggioranza in suo potere. Il restante 5% detiene la vera sapienza rivelata da Allah e si impegna per la liberazione del primo 85%.

Chissà quante altre scopiazzature troveremmo indagando più a fondo gli scritti di David Icke. Ma ci basta questo per mettere in guardia i complottisti che si ritrovano con un "compagno di vedute" estremamente imbarazzante.

E dovrebbe anche bastare a far loro capire che chi vuole controllare le menti altrui non è qualche misterioso extraterrestre, ma chi sparge le proprie apocalittiche fandonie con siti Internet e libri. Proprio come David Icke.

2006/11/10

Il mistero inesistente delle finestre del Pentagono

di Hammer. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Esterno2Varie fonti complottiste sostengono che le finestre del Pentagono rimaste intatte nelle immediate vicinanze del punto di impatto non sarebbero compatibili con lo schianto di un Boeing 757.

Questa tesi è sostenuta, ad esempio, dal sito www.pentagonstrike.co.uk, da "Loose Change" e dal film-inchiesta "Inganno Globale" del regista italiano Massimo Mazzucco. Secondo costoro, questa sarebbe una prova che fu un aereo diverso, o un missile Cruise, a colpire il Pentagono.

Le finestre in questione sono mostrate dalle seguenti immagini successive all'impatto e precedenti il crollo parziale della facciata colpita.

car-white

tail-damage

In realtà il motivo per cui tali finestre hanno resistito all'impatto non è affatto misterioso: hanno semplicemente fatto ciò per cui erano progettate. Si tratta infatti di finestre a prova di scoppio ("blast resistant" in inglese), installate in uno dei settori del Pentagono, il Wedge 1, nei mesi prima dell'11 settembre, nell'ambito del piano pluriennale di Rinnovamento della Sicurezza del Pentagono, deciso in seguito agli attentati di Oklahoma City del 1995 e contro le ambasciate americane in Kenya e Tanzania del 1998.

La fase operativa del piano era iniziata nel 1997, quattro anni prima degli attentati (fonte), e i lavori erano stati avviati nel 1999 (Pentagon Building Performance Report, pagina 3). Le finestre antiscoppio erano, quindi, proprio delle misure di sicurezza antiterrorismo.

Alla data del'11 settembre 2001, le finestre antiscoppio erano state installate soltanto in una porzione della facciata colpita dal Volo AA77. Essendo il Pentagono riconosciuto dal 1992 come uno dei National Historic Landmark, ovvero uno degli edifici sul suolo statunitense a cui viene riconoscito un valore storico, fu necessario rendere le nuove finestre esternamente identiche alle precedenti.

E' pertanto impossibile distinguerle guardando l'edificio da fuori; l'unica differenza, rilevabile nelle immagini ravvicinate, è la trasparenza differente rispetto alle finestre normali. Il lavoro di progettazione e installazione di queste finestre antiscoppio fu commissionato alla società statunitense Masonry Arts. Ciascuna finestra costa 10.000 dollari. Lo speciale vetro stratificato fu realizzato dalla Viracon, di Owatonna, nel Minnesota; ciascuna lastra è spessa 4 cm e pesa oltre 200 kg (fonte).

La seguente immagine, rilasciata dal Department of Defense, le mostra dall'interno.

Interno

Da questo articolo del Washington Post apprendiamo che le finestre in questione hanno spessore di circa 5 centimetri (2 pollici) e che ciascuna pesa più di una tonnellata (2500 libbre). Non per nulla queste finestre vengono trasportate, durante i lavori di posa, usando mezzi sollevatori pesanti, come mostrato in questo fotogramma tratto dal documentario Inside the Pentagon di National Geographic.


Da un'intervista rilasciata da Ken Hays, vicepresidente esecutivo di Masonry Arts, a Popular Mechanics apprendiamo che oltre a installare pannelli più resistenti fu necessario rinforzare i muri. Avere finestre più resistenti dei muri che le sorreggono sarebbe stato inutile oltre che imprudente: a seguito di un impatto o di un'esplosione, i pannelli avrebbero potuto uscire dalle loro sedi e trasformarsi in proiettili estremamente pericolosi.

Per questo motivo fu anche necessario installare la robusta struttura di acciaio che si vede nella foto che mostra le finestre viste dall'interno. Ogni parte di questa struttura è agganciata attraverso i pavimenti alle parti corrispondenti nei piani successivi, in modo da creare un corpo unico lungo tutta la facciata del Pentagono.

Non solo: le pareti interne furono anche rivestite di un materiale simile al Kevlar per trattenere i frammenti di muro in caso di esplosione esterna.

Nessun mistero, quindi. Le finestre del Pentagono hanno fatto ciò per cui erano state progettate e installate: resistere a un'esplosione esterna. Anche lo scenario previsto era quello corretto: un attentato terroristico.

WTC: esiste un terzo video del primo impatto

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Tutti conoscono il filmato del primo impatto, quello del volo American Airlines 11, avvenuto alle 8.46 contro la Torre Nord (Torre 1) del World Trade Center e ripreso dai documentaristi francesi Jules e Gédéon Naudet. Qui sotto ne è mostrato un fotogramma. E' disponibile per lo scaricamento il video (MPEG, 9,6 MB).


Si ritiene comunemente che si tratti dell'unica ripresa dell'impatto, ma in realtà ne esiste una seconda, meno nota, girata da Pavel Hlava: pochi fotogrammi che colgono vagamente la macchiolina biancastra dell'aereo vicinissima alle Torri Gemelle (nella prima immagine mostrata qui sotto) e, subito dopo, lo sprigionarsi iniziale della nube di detriti, fuoco e fumo (nella seconda immagine qui sotto). E' disponibile per lo scaricamento il video (MOV, 3,8 MB).




Esiste però anche una terza ripresa, finora rimasta sostanzialmente ignota ai più: quella dell'artista tedesco Wolfgang Staehle (nella foto qui accanto), che aveva collocato una telecamera che riprendeva ininterrottamente e registrava ogni quattro-cinque secondi il panorama di New York nell'ambito di una rappresentazione artistica che riproiettava il panorama, insieme ad altre vedute di varie località, presso la Postmasters Gallery di New York, come descritto da Artforum.

La telecamera era in funzione l'11 settembre 2001, e ha permesso di registrare alcuni fotogrammi dell'impatto del Volo 11, pubblicati nel recente libro 9/11 Watching the World Change e riprodotti qui sotto. Nel primo fotogramma si scorge l'aereo in avvicinamento (in alto a destra); nei successivi si vedono la palla di fuoco e i detriti che si proiettano fuori dalla facciata opposta della torre colpita, esattamente come nel secondo impatto, assai più documentato. I timecode memorizzati in basso a destra indicano rispettivamente le 8:46:50, le 8:46:54 e le 8:46:59 EST dell'11/9/2001.




La registrazione integrale include anche tutte le ore successive, con i crolli delle torri e degli altri edifici, ma Staehle rifiuta di pubblicarla, come dichiarato in un articolo di Neural.it a ottobre 2001: "I have this view archived for the whole day of September 11, 2001. From 0 hours to 0 hours. A picture every 5 seconds. And I am not giving it to the media."

La decisione dell'artista priva i ricercatori di un elemento utile nel debunking delle teorie complottiste. Il punto di ripresa di Staehle, infatti, consentirebbe di documentare con ulteriore, estrema chiarezza l'impatto delle macerie delle Torri Gemelle contro il WTC7 che i complottisti sinora hanno negato.

Anche in mancanza della registrazione completa, i fotogrammi pubblicati consentono comunque alcune riflessioni importanti sulle teorie di complotto con riferimento alla polemica sui filmati mancanti al Pentagono.

In primo luogo, la ripresa di Staehle, insieme a quelle delle varie webcam presenti a New York che inquadravano il WTC (come quella mostrata qui sotto), dimostra che qualsiasi tentativo di nascondere un evento molto visibile che riguarda un edificio di primaria importanza alle innumerevoli telecamere pubbliche e private, sia quelle fisse sia per esempio quelle di passanti e turisti, è destinato a fallire.


Di conseguenza, è semplicemente ridicolo pensare che agli organizzatori di una messinscena come quella ipotizzata dai complottisti venga in mente di alterare i filmati del Pentagono o di utilizzare un missile o un Global Hawk o un caccia al posto di un Boeing 757 della American Airlines, sperando che nessuno ci faccia caso e che nessun passante lo riprenda.

In secondo luogo, la ripresa di Staehle, che risulta coerente e compatibile con le poche altre immagini del primo impatto al World Trade Center, fornisce un ulteriore elemento documentale nei confronti degli irriducibili che ipotizzano missili, fotoritocchi o addirittura ologrammi al posto degli aerei di linea al World Trade Center.

Va considerato, infine, che nonostante i proclami di "ricerca della Verità" da parte dei complottisti, la pubblicazione di questo terzo filmato non è merito dei loro sforzi d'indagine.

Aggiornamento (2008/01/14)

Ringrazio un lettore, Axlman, per aver segnalato che il video Naudet non è leggibile da tutti i player. E' leggibile con VLC (gratuito e disponibile per Window, Mac, Linuxe e altri sistemi operativi).

Lo stesso lettore ha notato che cliccando sul video Hlava durante la sua visualizzazione in un browser, si viene portati a un sito Web complottista. Ho preferito lasciare intatta questa funzione nascosta del video per non introdurre ulteriori artefatti di trascodifica in un video già qualitativamente modesto.

2006/11/06

Protezione antincendio nel World Trade Center

di Henry62
http://11-settembre.blogspot.com/

La protezione antincendio utilizzata nelle Twin Towers era di due tipi fondamentali:

  1. protezione spray (SFRM)
  2. lastre piane di gesso

Nella realizzazione si poteva trovare anche una combinazione dei due metodi.

Strutture dei piani (floor)

La normativa vigente ai tempi della progettazione delle Twin Towers era la ASTM E 119, ma in virtù delle caratteristiche innovative di progetto delle Torri, non venne data alcuna certificazione alla struttura dei floor, e nemmeno gli acciai furono certificati, perché nessuno era in grado di certificare la struttura innovativa senza fare test.



In conclusione, nessuno si prese la responsabilità di apporre la propria firma per la protezione antincendio del sistema dei floor presenti nelle Twin Towers.

Su generica indicazione di un costruttore (peraltro non identificato), si decise all'epoca di adottare un SFRM dello spessore variabile da 1 a 2 pollici sulle travature reticolari.

Nel 1969 venne adottata dalla Port Authority una protezione di mezzo pollice sulle travature dei floor in Blaze-Shield Type D: una pasta cementizia caricata di fibre di amianto, non una schiuma, ma una sorta di cemento spruzzato.

Applicazione di pasta tramite spruzzaggio; l'edificio non è il WTC

Ciò fece raggiungere alle Twin Towers una protezione di Classe 1A, mentre la protezione minima richiesta dal Regolamento di New York era di Classe 1B.

Il posizionamento di questa protezione era arrivato al piano 38 del WTC1 quando tutto venne fermato per l'impatto delle fibre di amianto sulla salute degli occupanti.

Dal piano 38 in su del WTC1 e per l'intero WTC2 venne allora utilizzata una nuova pasta cementizia, la Blaze-Shield DC/F, in cui l'amianto era stato sostituito da fibre di vetro minerali, e si provvide a rivestire la vecchia pasta a base di amianto con prodotti che ne sigillassero la dispersione delle fibre cancerogene.

Da esami fatti nel 1994 e nel 1990, si verificò che lo spessore reale di questa protezione era di 0,4 pollici, con una tolleranza in +/- di 0,25 pollici, quindi ben al di sotto del già ridotto mezzo pollice adottato in partenza.

Nel 1995 un nuovo studio giunse alla conclusione che per avere una protezione di Classe 1B, pari a 2 ore di resistenza al fuoco, sarebbe stato necessario uno spessore di 1,5 pollici, cioè triplo rispetto a quello effettivamente applicato.

Nel 1999 venne presa la decisione di portare progressivamente i vari piani a questo livello di protezione, utilizzando la pasta Blaze-Shield II. Fra il 1995 e il 2001, 18 piani del WTC1 e 13 piani del WTC2 furono portati a questo livello di protezione. Nel WTC1, fra questi 18 piani c'erano anche quelli coinvolti nell'impatto e nei successivi incendi, mentre nel WTC2 i piani colpiti non erano stati portati a questo livello di protezione.

Nuovi esami e test di protezione vennero eseguiti nel luglio 2000 e poi nel dicembre 2000, concludendo che il livello di protezione raggiunto, sia con sistemi passivi che attivi, era di classe 1A. Nel frattempo entrambe le Torri erano state dotate di irroratori antincendio a caduta (che non funzioneranno l'11/9 perché gli aerei tranceranno, nell'impatto, i tubi di alimentazione, interrompendo la mandata delle pompe).

Quindi nel fatidico giorno solamente un numero ridotto di piani nei 2 edifici aveva gli spessori richiesti di 1,5 pollici di rivestimento SFRM.


Colonne Perimetrali

Le colonne perimetrali, da progetto, erano protette da 7/8 di pollice di vermiculite sulla faccia rivolta verso l'interno, da 1 e 3/16 di pollice di SFRM Blaze-Shield D sulle altre 3 facce, da 0,5 pollici di vermiculite sui componenti orizzontali e da 0,5 pollici di Blaze-Shield D sulle altre facce.

Sul lato esposto verso l'esterno, inoltre, una lamiera coprente di alluminio avrebbe dato il tocco estetico e sottratto alle intemperie la protezione antincendio.


Nell'ottobre 1969, le protezioni SFRM vennero portate a 2 3/16 pollici per colonne con coefficiente di forma inferiore a 14WF228, e a 1 3/16 per quelle superiori o uguali al coefficiente indicato (il coefficiente indicato è relativo ad una colonna di 14 pollici di profondità per un peso al piede di 228 libbre). Le componenti orizzontali passarono a 0,5 pollici di Blaze-Shield D.

Anche in questo caso, dal 38° piano in su il rivestimento del WTC1 venne realizzato con Blaze-Shield DC/F, mentre il WTC2 fu realizzato interamente senza la presenza di amianto.



Colonne del core

La protezione antincendio delle colonne del core è il caso tipico in cui furono usati entrambi i metodi previsti per le protezioni passive antincendio.

Le colonne collocate in spazi pubblici, che potevano cioè essere viste dagli occupanti e nei vani tecnici, erano protette da lastre piane in gesso ed erano perciò inaccessibili per la verifica visiva, a meno di non rimuovere le protezioni.


Gli spessori di gesso potevano variare sia per posizione della colonna che, per la stessa colonna, per piano orizzontale, a seconda della struttura del piano del core.

Le facce non protette da lastre di gesso erano protette da SFRM di tipo Blaze-Shield D e Blaze-Shield DC/F, con spessori di progetto di 1 3/16 pollice per le colonne più pesanti e 2 3/16 pollici per le colonne più leggere.

Le colonne, ovviamente, non erano tutte eguali: anzi, variavano sia per sezione che per spessori che per forma della sezione.

L'analisi ispettiva del 1993, eseguita in seguito all'attentato subito quell'anno, evidenziò la caduta di ampie porzioni delle protezioni SFRM all'interno del vano degli ascensori: le colonne che guardavano nel vano ascensori erano tutte protette con SFRM e potevano essere ispezionate utilizzando gli stessi ascensori previo bloccaggio di questi.


Per ripristinare tali protezioni venne usata la pasta Monokote Type 2-106, un tipo diverso dai precedenti, con spessori da 0,82 a 0,97 pollici per le colonne inferiori al 45° piano. Secondo documentazioni della PANYNJ lo spessore minimo richiesto era di 0,5 pollici.

Dopo il crollo, nessun pezzo di colonna aveva mantenuto la protezione spray, per cui non è stato possibile fare alcun tipo di verifica a posteriori.


Scale di emergenza

Le scale di emergenza erano collocate nel core ed erano 3 per torre, anche se potevano esistere altre scale interne di collegamento fra piani commerciali diversi occupati dai medesimi affittuari.


I requisiti normativi da soddisfare nella struttura per le scale erano 4:
  1. numero di scale
  2. ampiezza delle scale
  3. separazione delle porte di accesso alle scale
  4. distanza di viaggio da percorrere per raggiungere le porte delle scale

Tutti questi parametri progettuali tengono conto delle caratteristiche geometriche e strutturali dell'edificio, ma anche della densità di popolazione prevista o, viceversa, fissano il numero massimo di persone presenti sul piano servito da quelle scale. Il criterio base è quello delle unità di ampiezza di uscita, fissato in 60 persone ogni 22 pollici di ampiezza delle scale di sicurezza.

Le scale delle Twin Towers erano 2 (le scale A e C) ampie 44 pollici (quindi fino a 120 persone per scala, e 240 persone in totale) ed 1 (scala B) ampia 56 pollici (pari a 150 persone).

Con quelle scale, un piano delle Twin Towers poteva accogliere al massimo 240+150=390 persone contemporaneamente.


I piani commerciali potevano ospitare un massimo di 365 persone ciascuno, in base alla densità di occupanti prevista dalle normative per l'abitabilità; quindi le scale erano adeguate per i piani commerciali.

La cosa grave era che entrambe le Twin Towers avevano gli ultimi piani aperti al pubblico, perché nella Torre Nord era presente un ristorante (Windows on the World - piani 106 e 107) e nella Torre Sud il belvedere (Top of the World - piano 107), ciascuno con una capienza pari a 1.000 persone per piano, a fronte delle 390 previste dall'ampiezza delle scale.


Nel momento dell'attacco erano presenti 188 persone al ristorante e solo alcune nel belvedere, perché non era ancora orario di apertura al pubblico.

Si sottolinea che nessun parametro era influenzato dal numero di piani dell'edificio; quindi le stesse normative per le Twin Towers, alte 110 piani, si applicavano per un edificio di 10 piani. Secondo la normativa, la distanza fra le porte di accesso alle scale doveva essere almeno di un terzo della massima distanza di attraversamento di un piano (180 piedi per le Twin Towers) e la distanza minima effettiva era di 70 piedi; quindi la norma era rispettata.

Normative successive del 2000 e del 2003 imposero altre distanze di riferimento: la minima distanza di separazione fra le porte non doveva essere inferiore ad un terzo della diagonale della pianta dell'edificio misurata su quel piano: con questo criterio la distanza minima sarebbe stata di 98 piedi, contro i 70 delle Twin Towers.

La struttura delle scale doveva garantire l'assenza di fumo e calore, per cui gli accessi dovevano essere realizzati con porte tagliafuoco ed i corridoi delle scale dovevano essere isolati dal resto dell'ambiente, per garantire una colonna priva di fumi e di calore che consentisse l'evacuazione dell'edificio.

E' chiaro che la compartimentazione delle scale era realizzata sempre con i medesimi pannelli in gesso e, piano per piano, la posizione delle scale poteva variare, realizzando appositi corridoi isolati nel core che consentissero la continuità dell'accesso alle rampe delle scale stesse.

Per questo motivo, era possibile evacuare l'edificio anche attraversando un piano con in corso un incendio anche di ampie proporzioni, purché fosse garantito l'isolamento termico della tromba delle scale su quel piano.

Nel caso del WTC1, l'impatto dell'aeroplano interruppe, facendoli crollare, i corridoi delle trombe delle scale escludendo chi si trovava sopra dalla possibilità di fuga, mentre nel WTC2, proprio per la diversità del posizionamento della pianta del core rispetto alla direzione di attacco dell'aereo, una intera rampa di scale restò illesa, consentendo l'evacuazione dei pochi presenti che si resero conto di questa possibiità di fuga.

Il WTC1 venne colpito sulla facciata nord, circa a metà del lato lungo del rettangolo del core, mentre il WTC2 venne colpito sulla facciata sud, all'altezza dell'angolo inferiore destro del lato corto del rettangolo del core.




Detto questo, risultano chiari 2 aspetti:
  1. un conto è la protezione delle colonne
  2. un altro conto è la protezione e l'integrità delle scale di emergenza


Una delle affermazioni più diffuse nell'ambito dietrologico è che poiché su una delle due torri alcuni superstiti riuscirono a fuggire scappando subito dopo l'attentato attraverso la scala rimasta integra, allora si può affermare con certezza che il fuoco nei piani di impatto delle torri era di entità così debole da non poter aver intaccato la resistenza delle colonne.

Questa correlazione non ha alcun valore probante, perché la scala, se non colpita direttamente dall'aereo, conservava per 2 ore la propria capacità anche se esposta a temperature elevate da incendi diffusi sul piano.

La geometria dell'impatto assicura, da sola, che la scala incriminata non sia stata toccata dall'aeroplano, che ha colpito inclinato e nell'angolo sud-est in direzione nord-est, per cui sul piano, in posizione nord-est, potevano esserci incendi in corso, come dimostrato dai filmati, ma la scala sarebbe stata perfettamente agibile.


Osservazione sul meccanismo di diffusione del calore

Più che dire che la colonna "accumula" calore, che comunque è vero, preferisco dire che la colonna si comporta come una "guida" o una "tubazione" (un tubo di flusso) per il calore, nel senso che, giustamente, conduce il calore sia verso l'alto che verso il basso.

Delle tre forme di propagazione del calore (conduzione, convezione ed irraggiamento), quella predominante è la conduzione, perché le zone rimaste prive di protezione termica ed esposte alle faimme hanno consentito l'ingresso del calore, che è stato condotto dalla colonna stessa verso l'alto e verso il basso, mentre le zone soprastanti e sottostanti, ancora isolate, non sono state in grado di disperdere in modo efficace il calore "interno" alla colonna, portando ad un progressivo innalzamento della temperatura interna dell'acciaio.

All'aumentare della temperatura nella zona priva di protezione non è corrisposta una adeguata sottrazione di calore per conduzione del resto della colonna, per cui la temperatura è aumentata nei piani in cui hanno imperversato gli incendi, che si sono poi diffusi nei piani sovrastanti la zona di impatto per normale propagazione degli incendi in assenza di sistemi attivi di contenimento e con alimentazione di comburente garantito dalle finestre distrutte e dallo squarcio prodottosi nell'impatto, oltre che dall'abbondante ventilazione visibile nei filmati.

Per far collassare le colonne perimetrali non è affatto necessario che grandi parti della colonna raggiungano le temperature critiche (intorno ai 650°C) alle quali corrisponde un drastico calo del 80-90% delle prestazioni meccaniche dell'acciaio: bastano tratti di 2-2,5 metri per mettere in crisi l'intera struttura.

Non ha alcun senso vedere quanto calore serviva per scaldare l'intera massa di acciao, perché basta che si sia scaldata a quei livelli di temperatura la massa di uno o due piani per innescare l'instabilità, riscontrata anche otticamente dai rilievi del Nist.

Tutti questi dati provengono dal report definitivo NIST NCSTAR1, parte 2, del settembre 2005.


Aggiornamento 30-12-2006

Rimosso il commento alle foto delle scale del WTC: dopo verifica più accurata sono risultate essere vere. Il pompiere fotografato è Mike Kehoe (link).