2007/08/18

Fiat lux 3: diatriba Jones/Wood

di mother

Un parere è stato espresso sulla possibilità che a 1000°C l'alluminio presenti una radiazione compatibile con quella visibile nel WTC2 in questo post.

Vediamo comunque alcuni aspetti della diatriba fra Steven Jones e Judy Wood non inerenti quanto avvenuto l'undici settembre, ma riguardanti soltanto gli esperimenti in se da loro eseguiti a supporto delle loro tesi.

La diatriba fra Steven Jones e la Wood che portò alla separazione del movimento Scholars for 911 thrut in due basati su teorie dietrologiche incompatibili (Jones con la teoria termitica e la Wood con la teoria delle bombe nucleari) è stata descritta qui.
  1. L'esperimento di Steven Jones atto a verificare le affermazioni del NIST consiste nel porre dell'alluminio in una ciotola con delle materie plastiche e del legno (il NIST si esprimeva a riguardo della presenza di fibre di legno e materie plastiche nel crogiolo fuoriuscito dal WTC), nel scaldarlo con una fiamma ossidrica e nel far colare l'alluminio su un pianale (pressione ambiente e condizione di luce diffusa). Si può quindi notare la radiazione luminosa dell'alluminio e il colore emanato non conforme con quanto visibile nei video dell'undici settembre.
  2. L'esperimento di Judy Wood invece pone dell'alluminio su un catodo di tungsteno (temperatura di fusione oltre 3000°C). L'elettricità passante nei metalli riscalda i materiali secondo caratteristiche legate alla resistenza elettrica e permette di ottenere all'aumentare della potenza temperature sempre maggiori.
Entrambi soffrono cronicamente della mancata indicazione della temperatura a cui hanno portato il loro alluminio.

Mancano quindi i dati cruciali dai quali impostano esperimenti i cui risultati sfruttano per sostenere le proprie opinioni.

Vediamo più approfonditamente questi esperimenti.

Nell'esperimento di Steven Jones abbiamo dei video (video1 video2) che mostrano il metodo di riscaldamento scelto ed i risultati.

S. Jones nel suo articolo di critica alle considerazioni del NIST ci dice che nell'esperimento ha anche inserito assieme all'alluminio fuso delle parti di plastica e di legno a simulare i polimeri ed il legno di una scrivania presenti in un generico ufficio del WTC. Il metodo di riscaldamento scelto è la fiamma ossiacetilenica.
We melted aluminum in a steel pan using an oxy-acetylene torch. link



Andando a riprendere un articolo di Henry sull'uso della fiamma ossidrica: Approfondimento tecnico sul taglio termico dell'acciaio
Il primo punto che voglio chiarire é che il taglio termico dell'acciaio non é un processo solamente fisico, come sarebbe stato se si fosse trattato semplicemente di portare a temperatura di fusione l'acciaio, ma si tratta di una tecnica di taglio essenzialmente chimica.
In particolare, il riscaldamento fisico crea le condizioni ottimali perché si possa realizzare la seguente reazione chimica che porta al taglio vero e proprio:
.
3 Fe + 2 O2 = Fe3O4
(con sviluppo di gran quantità di calore)
...
Per poter realizzare l'ossidazione rapida, é necessario quindi portare ad alta temperatura l'acciaio (a temperatura, comunque, che resta inferiore a quella di fusione dell'acciaio), per poi indirizzare un getto di ossigeno direttamente sull'acciaio surriscaldato.
...
Dopo aver riscaldato la zona da cui iniziare il taglio, viene mandato ossigeno purissimo ad alta pressione, dando origine ad una vera e propria "lama" di ossigeno che ossida ad altissima velocità l'acciaio, determinandone il taglio.
Perché il processo di ossidazione esotermica dell'acciaio abbia inizio, o meglio si "inneschi", é necessario che il punto di inizio della zona di taglio abbia raggiunto una temperatura sui 900° C, in modo che poi sia lo stesso calore liberato dall'ossidazione rapida dell'acciaio (che raggiunge la massima velocità di reazione alla temperatura di 1300°C) a consentire la fusione dell'ossido di ferro che si crea dalla reazione chimica, consentendone l'allontanamento da parte del getto di ossigeno.
Il meccanismo di taglio dell'acciaio, basato sulla reazione fortemente esotermica di ossidazione, si autosostiene, fino a quando é disponibile ossigeno per alimentare la reazione chimica.
...
La temperatura di fusione del prodotto della reazione (cioé gli ossidi del metallo da tagliare) deve essere inferiore alla temperatura di fusione del metallo da tagliare, altrimenti si formerebbe uno strato protettivo di ossidi che bloccherebbe l'autosostentazione della reazione chimica, impedendo al fronte di attacco di continuare ad impegnare nuovo metallo.
Se nel caso dell'acciaio ciò si realizza molto bene, perché i vari ossidi di ferro fondono dai 1370°C ai 1565°C circa, nel caso di altri materiali, come l'alluminio, ciò non accade, dato che l'ossido di alluminio fonde a 2050°C, mentre l'alluminio fonde a 660°C.
Solamente l'esiguo spessore del rivestimento in alluminio ha quindi consentito di affrontare la demolizione anche con apparati di questo tipo, senza dover procedere alla rimozione meccanica dell'alluminio, ma utilizzando la sola fiamma di riscaldo per portare a fusione localmente il rivestimento esterno e quindi innescare la "combustione" del ferro con l'ossitaglio.
Quindi nell'esperimento di S. Jones l'unica fonte di calore è quella fornita dalla reazione ossiacetilenica, poiché per l'alluminio non avviene una reazione di ossidazione esotermica capace di sostenere il processo di fusione (ciò corrisponde a tagliare senza l'uso del solo ossigeno ad alta pressione con possibilità di raggiungere grossi spessori, ma semplicemente tagliare portando a fusione una certa parte di metallo entro certi spessori). Il sito Minerva scrive riguardo alla fiamma ossidrica:
Il gas che si brucia nel cannello ossidrico è una miscela di idrogeno e ossigeno, che brucia con fiamma bluastra liberando una grande quantità di calore. La combustione avviene all'estremità del cannello costituito da due tubi che portano separatamente i due gas fino alla fiamma.... Ancora oggi si sfrutta la possibilità d generare alte temperature con la fiamma ossidrica. Una delle prime applicazioni fu la realizzazione della fusione del platino in un crogiolo di calce. L'alta temperatura (2250°C) della fiamma è impiegata in metallurgia per la saldatura autogena del ferro, della ghisa, del rame, dell'alluminio; per i lavori di fucinatura, di brasatura, di colata, ecc...Una lamiera di grosso spessore, per es. di 160mm può essere tagliata con la stessa nettezza di un utensile, a mezzo di un cannello ossidrico, in una decina di minuti, anche sott'acqua. Il costo dell'idrogeno e la necessità di usare bombole ad alta pressione come contenitori hanno spinto a sostiuirlo con altri combustibili, soprattutto con acetilene; si parla allora di fiamma e cannello ossiacetilenici.
Osservando le immagini dell'esperimento di Steven Jones si osserva proprio la fiamma bluastra simbolo di gas incandescenti ad alta temperatura. Tuttavia si nota anche che il contenitore dell'alluminio non emette nessuna radiazione di luce (le fiamme dal contenitore sono provocate dalla plastica e dal legno inseriti).


Nel post tecnico avevamo indicato alcuni video in cui l'alluminio appariva grigio ed altri in cui non appariva grigio (video1 video2).


L'effetto del calore dovrebbe investire sia il contenitore che l'alluminio.

La mancanza di dati sul contenitore non può fornire una significativa indicazione in nessun merito nè a favore nè contro.

Se si sapesse di che materiale si tratta (si può solo presumere che sia ferro), ci si potrebbe chiedere a che temperatura sia stato portato vista la mancanza di radiazioni in relazione dei dati di riflessione/emissione più consoni.


La mancanza di indicazioni sulla misurazione della temperatura nel video non migliora un esperimento scientificamente poco significativo così come molti altri video diffusi in Internet.

Va fatto notare che il picco di 2200°C raggiunto da una fiamma ossiacetilenica non è garanzia che l'alluminio sia alla temperatura massima, a causa del periodo di esposizione che condiziona lo scambio di calore e la sua dispersione (anche questo non indicato nel video).

Facciamo un esempio semplice: il metano ha una temperatura di autoignizione di 600°C, ma questo non significa che appena vi si posa sopra una pentola piena d'acqua questa arrivi istantaneamente a 600°C.

Quindi l'esperimento si colloca in quel buco di rappresentazione che va dal punto di fusione dell'alluminio (660°C con alluminio riflettente più che emettitore di radiazioni luminose) fino al punto di fusione o di illuminamento del contenitore in cui è contenuto il metallo da analizzare, entrambi al di sotto dei circa 2200°C producibili con la fiamma ossidrica alla pari degli altri video precedentemente sorpa presentati.

Va fatto notare un ulteriore aspetto: l'ossidazione dell'alluminio. A contatto con l'aria, l'alluminio surriscaldato dalla fiamma ossiacetilenica forma subito uno strato di ossido in superficie reagendo con l'ossigeno.

Tuttavia se ci limitassimo ai soli scritti fra Jones e Wood perderemmo un passo curioso della diatriba Jones vs Greening.

In risposta ad quest'altro esperto (settembre 2006), F.D. Greening, con un altro esperimento inerente l'interazione fra alluminio fuso dell'aereo e ruggine depositata sopra un elemento strutturale come possibile causa di reazioni termitiche esplosive, Jones scrive:
We also noted that while a steel pan holding the aluminum glowed red and then yellow hot, when poured out the falling aluminum displayed a silvery-gray color, adding significantly to the evidence that the yellow-white molten metal flowing out from the South Tower shortly before its collapse was NOT molten aluminum. (Recall also that the yellow color of the molten metal (video clip above) implies a temperature of approximately 1100°C -- too high for the darksmoke hydrocarbon fires burning in the building.) This is a point worth emphasizing: aluminum has low emissivity and high reflectivity, so that in daylight conditions after falling through air 1-2 meters, molten aluminum will appear silvery-gray, while molten iron (with its characteristic high emissivity) will appear yellow-white (at ~1100oC) as observed in the molten metal dripping from the South Tower just before its collapse (see: link ). We also recall that this molten metal, after falling approximately 150 meters (or yards) still retained a reddish orange color (photograph above). This is not the behavior of falling, molten aluminum
Contrariamente all'esperimento atto a verificare le affermazioni del NIST utilizzato anche in risposta alla Wood per affermare l'impossibilità che l'alluminio emetta delle radiazioni luminose giallo aranciate e sia riconducibile così alla colata visibile nel WTC2, in questo testo di risposta a Greening, Jones ammette che l'alluminio nella ciotola raggiunge i colori giallo aranciati, ma al momento della colatura entro pochi metri perde queste caratteristiche raffreddandosi all'aria.

Per Jones tali colori sono attribuibili ad una temperatura di 1100°C del metallo.

Si può far notare che anche in questo caso mancano immagini che mostrino un effettivo riscontro sulle temperature indicate.

Da notare che a Judy Wood non è mai pervenuta questa risposta, visto che il 21 maggio 2007 ancora vi è un botta e risposta nei suoi confronti per la questione radiazioni luminose dell'alluminio a 1000°C (11-settembre.blogspot.com).

Stephen Philips, fisico americano a sostegno della causa di Judy Wood facendo affermazioni simili sull'emissione/riflessione dell'alluminio sposta i termini di comparsa della radiazione rendendo possibile che a 1000°C venga emessa una radiazione luminosa non completamente grigia.

Solleva poi una vasta serie di critiche in parte poco inerenti con il post ed in parte che prevedono questioni di riflessioni della luce ed emissività su quegli elementi che secondo la teoria di Steven Jones sarebbero stati tagliati con cariche di termite. Infatti la termite per tagliare scalda l'acciaio (discusso già qui punti 4-5).

Nell'esperimento di Judy Wood il catodo di tungsteno e i pezzettini di alluminio sono posati l'uno sull'altro. Questo fa sì che la corrente si ripartisca fra i due metalli descrivendo un sistema in parallelo (l'alluminio presenta minor resistenza e resistività rispetto al tungsteno sia a temperatura ambiente che ad alte temperature, quindi trasmette maggiore corrente elettrica).



Date le leggi di Ohm e le leggi sulla resistività si può stimare al temperatura dei conduttori.


I due conduttori raggiungono temperature differenti, tuttavia visto le piccole differenze e il contatto fra metalli si può immaginare che siano alla medesima temperatura, evitando così calcoli di scambio di calore.

Data la coppia di V, tensione elettrica ed I, intensità elettrica, applicata si ottiene la temperatura raggiunta (dietro a questo concetto stanno i fusibili); data la temperatura da raggiungere si può stimare la coppia di (V,I) da applicare.

L'uso di queste semplici equazioni è tuttavia una approssimazione allo studio.

All'aumentare della temperatura la resistività di ogni materiale tende a cambiare tendendo per alte temperature a perdere la linearità di comportamento.

Lo studio del comportamento elettrico di un metallo fuso risulta non normalizzato con leggi e richiede la sperimentazione in laboratorio.

Ricadono in questa casistica l'esperimenti di Judy Wood ed il caso pratico del WTC2, ricordandosi questo post di Henry che lascia paventare la presenza di cariche ioniche molto potenti e probabili correnti vaganti.

Un altro aspetto di interesse in un esperimento in cui la corrente elettrica ha un ruolo dominante è l'ossidazione dell'alluminio.

L'ossidazione che avviene al semplice contatto con l'aria e migliora con l'aumentare della temperatura, come sopra descritto crea un composto dal punto di fusione superiore rispetto a quello del metallo puro.

Il semplice contatto con l'aria crea un film estremamente sottile che difficilmente rimane integro sul metallo puro liquido.

Diverso è il caso di un metallo solidificato con un film di ossido sulla superficie a protezione del sottostante metallo puro o di altri metalli quali il ferro (vedi protezione con alluminio anodizzato).
L'alluminio è un forte agente riducente, ma, quando viene a contatto con l'aria, forma una sottile pellicola (10^4 -- 10^6 mm), molto dura e trasparente di Al2O3 che aderendo fortemente alla superficie metallica lo protegge da una ulteriore ossidazione. Per accelerare l'ossidazione si deve allora scaldare. (link)
In tal caso è interessante l'anodizzazione dell'alluminio. L'anodizzazione è il processo che permette di depositare uno strato protettivo di allumina sulla superficie di un oggetto di alluminio al fine di creare uno strato contro la corrosione avviene depositando il materiale sull'anodo in un bagno elettrolitico.

L'ossigeno contenuto nella soluzione acquosa viene quindi spinto a reagire con l'alluminio ricomprendo l'oggetto di uno strato d'ossido distribuito e compatto.

Al catodo questa operazione non sarebbe possibile, poichè l'alluminio caricato negativamente (potrebbe subire una reazione di riduzione e non di ossidazione) non verrebbe spinto a reagire con l'ossigeno formando uno strato di ossidi superficiali.

In questo caso ci si differenzia dall'esperimento di Steven Jones.

Si ricorda che a favore di Judy Wood era intervenuto anche un altro fisico: Stephen Philips.
Link segnalazione di Henry.

In conclusione, si può dire che entrambi gli esperimenti, volendo indagare comportamenti estremi del materiale sui quali anche la fisica teorica universitaria esprime poche leggi, formule e teoremi, avrebbero bisogno di indicazioni più chiare riguardo ai dati ed alle condizioni di sviluppo. Da questi si potrebbe trarre un risultato chiaro che permetta di identificare o comparare in modo certo il fenomeno fisico trattato.



Aggiornamento articolo 2-10-2007
Uno degli esempi analizzati da Judy Wood riguarda le immagini tratte dal libro Build an Oil Fired Tilting Furnance di Steve Chastain (libro dedicato alle tecniche di fonderia amatoriali ed alla costruzione di un forno per fondere metalli).
Le conclusioni della Wood sono che il materiale sia alluminio fuso, a pressione ambiente ed in normali condizioni di luce.

Osservando il processo di purificazione dell'alluminio presentato viene indicata la formazione di composti di ossidi che possono essere a galla, affondare o mescolarsi con l'alluminio:
Metallic aluminum is normally covered with a thin film of oxide because the metal readily oxidizes in air at room temperature. This oxide film forms a protective barrier against further oxidation. When melting aluminum, the exposed surface of the molten metal will oxidize to form dross. This dross may float on top, sink to the bottom, or it may become mixed in the melt. If the dross is not ³wetted² by the aluminum it will float. However if it is wetted, it may become mixed into the melt or sink to the bottom. The specific gravity (weight relative to an equal volume of water) of some of the materials found in dross are listed below. link
ossidi di Mg, Cu, Ca, Si avvicinano il composto alle condizione di mescolanza di più metalli sopra descritti con variazione del coefficiente di emissione verso il valore unitario.


Inoltre vengono aggiunte queste due immagini dei lavori di bonifica di Ground Zero in cui appare evidente come venissero impiegati sia i cannelli sia la fiamma ossidrica.



worker con cannello in azione


worker con fiamma ossidrica in azione



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