2007/10/02

Carbone da legna

di mother



Quasi un secolo fa visto il costo elevato del carbone estratto vi era una tecnica che permetteva di ottenere un sottoprodotto del legno simile al carbone, dal costo contenuto senza i problemi di durabilità e marcescenza.

La tecnica di produzione del carbone di legna consisteva in primo luogo nel raccogliere una notevole quantità di legna in tronchetti di media grandezza abbattendo alberi e denudandoli delle parti verdi, corteccia e sfalci di minore importanza.

Fatto questo si provvedeva a costruire un grande cumulo di legna compatto di 3-4 metri che in seguito veniva coperto di terreno, formando così una specie di cupola a ridosso della catasta.
Il terreno aveva la funzione sia di contenimento della reazione di combustine successiva, sia di isolamento termico rispetto la parte esterna dell'ambiente, con delle bocche di uscita per il fumo e parte del calore/temperatura sviluppati all'interno.


Fatto questo si provvedeva in alcuni casi a creare una apertura sulla cima del cumulo ed una alla base, oppure una serie di aperture di piccola dimensione distribuiti omogenei in sommità alla collinetta.
La tecnica adottata, le dimensioni dei fori, ed il loro numero dipendono dall'arte del lavoro tramandato di padre in figlio.
L'alimentazione di aria viene così ad essere fornita dalla sola apertura di base, oppure da parte dei fori della sommità, come si può vedere nelle immagini.
Analogamente i fori in sommità permettono la fuoriuscita del fumo prodotto senza che vi sia formazione di una fiamma estesa che renda troppo veloce la combustione.
In questo modo temperature di 350-450°C con sola legna ad ardere ed una reazione di combustione controllata per il limitato ossigeno, permettevano di ottenere un prodotto di combustione del legno non privo di un contenuto energetico (in altre parole in grado di produrre ancora calore se acceso).
Il legno ha un'alta igronometria, quindi per poterlo utilizzare su camini e stufe deve passare almeno un ciclo di essiccazione (in genere lo si lascia un anno/estate ad essiccarsi dopo tagliato).
Oltre a questo periodo di stasi rischia sempre di subire danni da parte di animali (tarli, tane per topi), marcescenze se esposto all'acqua o deperimento.


La bravura del carbonaio si notava nella capacità di definire il foro di ingresso dell'ossigeno alla catasta di legna in fiamme ed il foro di uscita.
Un foro troppo piccolo alla base avrebbe infatti fatto perdere tempo al carbonaio senza creare una effettiva combustione, con il rischio di dover ricostruire la catasta nei casi in cui solo parte di questa si fosse trasformata chimicamente.
Un foro troppo grande avrebbe esaurito l'energia termica ricavabile dal composto e vanificato la produzione di carbone di legna utile per il riscaldamento di inverno.
Un foro in sommità troppo piccolo avrebbe dirottato il fumo alla base e ammalorato la combustione della legna.
Un foro troppo grande in sommità avrebbe innescato un'eccessiva combustione.


E' interessante ricordare queste tecnica per far notare un aspetto essenziale della combustione chimica.
La produzione di calore in una reazione di combustione è connotata da alcune importanti caratteristiche:
  1. una reazione di combustione è definità da una o più (dipende dal numero di composti e da come reagiscono) equazioni di bilancio dei composti fra reagenti e prodotti con l'indicazione dell'energia assunta o liberata. Ognuna di queste fornisce un valore di picco di produzione di calore per ogni molecola di combustibile che reagisce. Esiste una temperatura di innesco della reazione di combustione, per la quale si ha la differenza fra un incendio e semplici effetti termici sui composti.
  2. Parte del calore prodotto viene riutilizzato per diffondere la reazione (i materiali combustibili tendono ad avere bassi valori di calore utile per innescare la reazione) e parte del calore resta libero e si "lega" con eventuali altri oggetti e strutture presenti o magari si irradia. In questi fattori gioca la disposizione e la quantità del materiale combustibile, nonchè la ventilazione (la ventilazione è da considerare come apporto di uno degli elementi utili alla reazione chimica). Tutti questi fattori differenziano enormemente la casistica dei possibili incendi e lo studio varia in funzione delle tipologie (case, uffici, incendio in un bosco, ecc...), tutti connotati da una serie di curve che definiscono per esempio l'andamento della temperatura nel tempo al variare della ventilazione (grafici 2D con 3 parametri liberi) o disposizione del combustibile. Quindi incendi veloci molto ventilati consumano prima il combustibile, sviluppando molto calore e temperature elevate diffuse. Incendi al limite inferiore di ventilazione non sviluppano temperature elevatissime (1200°C), ma bruciano per lungo tempo. La resa più catastrofica si ha con un incendio medio capace di durare molto e sviluppare una quantità sufficienti di aree ad alta temperatura.
  3. Controllare la quantità di comburente (l'ossigeno) non limita al variare del tempo la temperatua raggiungibile se si lascia il parametro della ventilazione libero. Come si può notare nella successivo grafico rimane comunque una temperatura minima sviluppata dall'incendio ed un andamento di accumulo che varia da sempre crescente a concavo con massimo schiacciato.

La combustione con controllo dell'ossigeno apportato veniva così prolungata nel tempo fino ad arrivarea impiegare 24 ore per coinvolgere tutta la quantità di ossigeno accumulata.
Per 60 quintali di legna servivano anche 7 giorni di combustione.



Su Ground Zero abbiamo avuto la formazione di una serie di focolari che hanno incendiato numerose street (riferimenti qui e anche qui), nonchè la formazione di punti caldi rilevati dall'USGS e dall'AVIRIS nella loro evoluzione temporale.



La teoria dietrologica alternativa che pretende di spiegare le temperature e il fumo è quella della termite di Steven Jones.
La teoria della demolizione con bombe non può spiegare alte temperature sulle macerie.

La termite produce:
  1. un fumo denso durante la reazione.
  2. ferro fuso ad alte temperature, senza produzione di fumo.
Entrambi questi due punti meritano una riflessione.
Come indicato qui le proiezioni dei punti caldi indicano di per sè degli aspetti poco consoni alla presenza di ferro fluido/fuso.
Gli aspetti più invalidanti per la teoria termitica visibili sulle tavole dell'USGS: "Temperature troppo basse perchè vi sia ferro fuso", "spostamento in orizzontale delle proiezioni di alte temperature misurate su ground zero a distanza di giorni", "formazione di punti caldi sconnessi dagli altri punti caldi misurati i giorni precedenti".

Si può sempre considerare che acciaio ad alte temperature a contatto con materiale combustibile abbia dato avvio a processi di combustione.
Tale aspetto si sarebbe verificato sia con acciaio a 1500°C sia con acciaio a 600-800°C.
Quindi non sussiste la considerazione per cui la presenza di punti caldi su ground zero è una prova schiacciante della presenza di termite, poichè in entrambi i casi si sarebbe innescata la combustione delle macerie.


L'ossigeno necessario alla sussistenza della reazione di combustione analogamente alle carbonaie non è così elevato come si vuole far credere; basti vedere gli spazi di ossigenazione ostruiti con la terra sulle carbonaie, ben maggiori rispetto ai casi di Ground Zero e considerare che comunque si riesce a sviluppare all'interno della catasta di legna una temperatura di 350-450°C.
Inoltre era già stato fatto notare come vi fosse la presenza di altri combustibili capaci di sviluppare molto calore con un basso punto di ignizione.
Un esempio che può essere letto è il post di Henry: Effetti dell'incendio nei tunnel: il caso del tunnel del Gottardo

Tuttavia non bisogna dimenticare che la termite sviluppa fumo (composti gassosi di alluminio) solo nelle fasi di reazione.
Quindi dire che le emissioni di fumo presenti su Ground Zero, ben documentate da foto e video sono un'espletazione della reazione termitica vale a dire che per settimane vi era tanto composto quanto necessario per sostenere la reazione termitica, nonchè la produzione di prodotti gassosi e volatili.
Per comprendere l'enormità di termite necessaria basta osservare questo video già indicato nel post Facciamo il punto sulla termite.
Un secchiello grande 3 volte il pugno di una mano sviluppa la reazione (quella non azotata sul sottostante bicchiere pieno di azoto liquido) in circa una trentina di secondi.
Facendo le proporzioni con una settimana di emissione di fumo dalle macerie su un'area di ettari di estensione rende una quantità di termite necessaria al processo estremamente elevata...indubbiamente impossibile da introdurre nel WTC (come espresso in questo post in cui si parla anche della testimonianza di Forbes) e di sicuro non in quantità così esigua quanto il molten metal visto fuoriuscire dal WTC2 (un post di spiegazione qui).


Un video che documenta gli incendi presenti dentro le macerie di Ground Zero è quello registrato da Kevin Sutabee, di cui si riporta l'immagine a seguire.


Si ricordano inoltre i video/immagini degli incendi inseriti nel post che tratta delle melted car.


Un cult della disinformazione sull'undici settembre di qualche anno fa era l'intervista a Joe Casaliggi, tratto dal documentario dei fratelli Naudet: si prendevano le sue parole sui resti presenti nelle macerie di WTC come indicazione della completa distruzione degli interni della struttura per la teoria della demolizione controllata, non pensando che ciò fosse in realtà dovuto al fuoco sviluppatosi nelle macerie


Immagini del residuo combusto fine di Ground Zero setacciato alla ricerca di elementi utili e resti umani da poter identificare per restituire ai parenti.


Molto difficile risulta la valutazione della capacità di ossigenazione nelle macerie di Ground Zero.
A tal riguardo i disinformatori tendono a considerarla insufficiente per la sussistenza di fuochi.
Tuttavia abbiamo visto con l'esempio del carbone da legna che materiale combustibile non necessita di notevoli sbocchi ed imbocchi per areare la reazione di combustione.


La presenza di una serie di piani interrati liberi non del tutto demoliti, come nelle foto riportate indica come vi fosse la possibilità da parte delle macerie di richiamare aria sia dalla superficie che dalla base di appoggio delle macerie.


Nelle immagini di chi giunse nei tunnel della metropolitana, notiamo una serie di anfratti che fornirono ossigenazione dal basso alle macerie.
Parte del residuo di combustione e degli acidi prodotti nelle reazioni chimiche, non dimenticando l'asbesto presente nel sito, aleggiavano saturando questi piani.



Qui di seguito può essere visto il video delle esplorazioni dei piani inferiori del WTC parizalmente danneggiati, fino al minuto 3.40 in cui è visibile la subway.









Aggiornamento 15 agosto 2008
Riguardo alle immagini provenienti dalla metropolitana è stato scritto il post Ombre su Doug Copp, l'avventuriero canadese che le ha vendute alla trasmissione televisiva Inside Edition.

Nessun commento: