2014/11/22

The Man Who Killed Usama bin Laden: il racconto dell'uomo che ha sparato a Osama

di Hammer. L'articolo è stato corretto dopo la pubblicazione iniziale.

L'11 e il 12 novembre 2014 il canale televisivo Fox News ha trasmesso lo speciale The Man Who Killed Usama bin Laden che presenta una lunga intervista del giornalista Peter Doocy al Navy SEAL Robert O'Neill.

O'Neill fu il secondo dei tre uomini che salirono al terzo piano del compound di Abbottabad in cui si nascondeva Osama bin Laden e, secondo quanto dichiarato dallo stesso O'Neill, fu proprio lui a sparare il colpo mortale alla testa di Osama. O'Neill aveva rilasciato un'intervista a The Esquire nel 2013 nella quale si era celato sotto lo pseudonimo The Shooter.

L'intervista trasmessa da Fox News si apre con una lunga digressione sulla vita personale di Robert: dalla sua infanzia nella città di Butte, nel Montana, ai suoi primi lavori come facchino o come commesso di un McDonald's, fino alla decisione di entrare nei Marines e al duro addestramento fisico e attitudinale a cui ha dovuto sottoporsi.

L'11 settembre 2001 O'Neill si trovava in un ufficio in Germania quando sentì la notizia degli attentati e pensò immediatamente che la responsabilità fosse di Osama bin Laden. "We said the words Osama bin Laden within 30 seconds" dice testualmente. Come membro del SEAL Team 6 avrebbe dovuto partecipare alle prime fasi dell'invasione dell'Iraq, ma poco prima la sua squadra fu dirottata verso la Liberia, dove partecipò a una missione che doveva riportare in patria i militari americani e solo in seguito poté unirsi ai Navy SEALs inviati in Iraq e Afghanistan.

Nel 2009 prese anche parte all'operazione che portò alla liberazione del comandante Richard Phillips del mercantile Maersk Alabama dirottato da pirati somali. La vicenda è stata narrata nel 2013 dal film Captain Phillips - Attacco in mare aperto con Tom Hanks nel ruolo del comandante rapito.

Durante un periodo trascorso a Miami al termine dell'undicesima missione in cui fu coinvolto, la squadra di O'Neill fu richiamata proprio per la missione che avrebbe portato all'uccisione di Osama bin Laden.

Il documentario mostra quindi un intervento del giornalista americano Mark Bowden, autore del libro The Finish: the Killing of Osama bin Laden, che riassume brevemente come le forze americane furono in grado di individuare il luogo dove si nascondeva Osama e le diverse tipologie di missione che furono valutate: un attacco missilistico con aerei, una operazione congiunta con le forze pakistane o un raid dei Navy SEALs. Dopo opportune valutazioni fu scelta quest'ultima opzione.

Ai Navy SEALs chiamati per l'operazione fu inizialmente detto che avrebbero dovuto entrare in una casa a prendere qualcosa e portarla via, inducendo così i militari a pensare che la missione dovesse svolgersi in Libia e che l'obiettivo fosse il Colonnello Gheddafi. Fu quindi comunicato loro che invece l'obiettivo era bin Laden e dapprima il ruolo di O'Neill avrebbe dovuto essere di coordinatore all'esterno del compound. Durante le esercitazioni, svolte con un modello in scala 1:1 dell'edificio ricostruito negli Stati Uniti, O'Neill maturò la convinzione che quella sarebbe stata una missione dalla quale non sarebbe tornato vivo. Pensava infatti che i Navy SEALs sarebbero morti insieme a Osama, se questi si fosse fatto esplodere, oppure arrestati e catturati dalle milizie pakistane per poi trascorrere il resto delle loro vite da detenuti in Pakistan.

Prima di lasciare gli Stati Uniti per il viaggio da cui pensava di non tornare, O'Neill scrisse delle lettere per i suoi figli in cui dava loro delle raccomandazioni per il loro futuro e chiamò suo padre per salutarlo un'ultima volta. Anche il padre di Robert, visibilmente emozionato, ha preso parte al documentario di Fox News raccontando la toccante telefonata dal proprio punto di vista.

Durante il volo in elicottero che avrebbe portato i Navy SEALs dalla base in Afghanistan al compound di Abbottabad, O'Neill contava mentalmente da zero e mille e da mille a zero per tenere occupata la mente e per combattere il pensiero che avrebbero potuto essere abbattuti da un missile in ogni momento; altri militari per evitare di essere assaliti dagli stessi pensieri dormivano o ascoltavano musica.

Mark Bowden spiega quindi che la missione non andò come previsto in quanto il primo elicottero si schiantò al suolo, costringendo i Navy SEALs ad abbandonare l'ipotesi di entrare nel compound anche dall'alto. I SEALs entrarono quindi nel compound solo dal piano terra, venendo accolti da alcuni spari dalla finestra; uno dei SEALs rispose al fuoco ferendo una moglie di Osama che viveva nel compound. Tre dei Navy SEALs salirono quindi al terzo piano e Robert O'neill si trovò ad essere il secondo nella fila. Il primo dei tre Navy SEALs, noto come the point man, trovò davanti a sé una delle mogli e una delle figlie di Osama e si lanciò su di loro temendo che stessero per farsi esplodere. O'Neill proseguì fino alla camera da letto dove trovò Osama e un'altra delle mogli di fronte a sé; senza esitare sparò tre colpi al volto di Osama, che cadde a terra morto.

Uno dei SEALs che parlava arabo chiese a una delle figlie chi fosse l'uomo morto e la donna confermò che si trattava di Osama bin Laden. I SEALs quindi trasportarono il cadavere all'esterno e prima di infilarlo in un body bag e di caricarlo su un elicottero prelevarono dalla salma un campione di DNA con una siringa. La salma e la siringa viaggiarono poi su due elicotteri distinti in modo che in casi di abbattimento di uno dei due fosse ancora possibile provare che bin Laden era definitivamente morto.

I militari capirono di aver concluso con successo la missione una volta rientrati in Afghanistan dove poterono ascoltare l'annuncio del Presidente Obama in diretta televisiva.

Rientrati negli Stati Uniti il team dei Navy SEALs fu ricevuto privatamente dal Presidente, dal Vicepresidente e dal gabinetto di governo e quando fu chiesto loro chi avesse sparato il colpo mortale O'Neill e un altro soldato risposero che il successo doveva essere attribuito all'intera squadra.

Doocy chiede quindi a O'Neil come si spiega il fatto che il racconto di Matt Bissonnette (foto accanto), scritto con lo pseudonimo di Mark Owen, differisca dal suo.

Bissonnette, che è stato ospite della trasmissione televisiva 60 Minutes del canale CBS il 2 novembre e ha appena pubblicato un nuovo volume intitolato No Hero, infatti sostiene che il point man, appena arrivato al terzo piano, abbia sparato a bin Laden centrandolo e che quando i tre SEALs andarono insieme nella stanza da letto lo trovarono steso a terra. O'Neill risponde che probabilmente per via della velocità con cui si è svolta l'azione e del buio Bissonnette si sbaglia nel ricostruire la vicenda. Mark Bowden aggiunge che l'unica spiegazione possibile che faccia combaciare le due versioni è che il point man abbia sparato a bin Laden mancandolo, O'Neill gli si sia quindi avvicinato e lo abbia colpito a morte inducendo Bissonnette a credere che il primo colpo, e non il secondo, abbia centrato il terrorista. O'Neill aggiunge che prima di essersi trovato faccia a faccia con Osama ha sentito un colpo sparato da uno dei suoi colleghi, non sa dire dove questo colpo sia finito e quindi non può escludere che Osama fosse stato colpito da un proiettile sparato dal point man prima che lui se lo ritrovasse di fronte: l'unica cosa di cui è sicuro è che il terrorista fosse in piedi e non steso a terra.

Doocy chiede anche a O'Neill se siano state scattate foto di Osama morto e O'Neill risponde positivamente, aggiungendo però che il popolo americano non ha bisogno di vedere l'orrore di un cadavere sfigurato, ma è sufficiente che sappia che la giustizia è stata ristabilita.

O'Neill conclude l'intervista raccontando di aver donato al 9/11 Memorial Museum parte della divisa che indossava durante la missione e di essere andato al museo, dove ha tenuto una conferenza in cui ha raccontato come si è svolta la missione di Abbottabad e in tale occasione ha incontrato alcuni parenti delle vittime che lo hanno ringraziato per quanto fatto.

Il racconto di O'Neill è molto emozionante e coinvolgente e le sue vivide parole trasmettono la dedizione e il patriottismo che ha portato il Team 6 dei Navy SEALs a compiere questa singolare missione. Il racconto è impreziosito dai brevi ma precisi interventi di Bowden e dalle parole del padre di Robert, la cui emozione è più che evidente. Va comunque sottolineato che a parte le considerazioni personali dello stesso O'Neill, ad esempio quelle secondo cui pensava di intraprendere una missione da cui non sarebbe tornato vivo in patria, l'intervista non rivela particolari che non fossero già noti.

2014/11/10

An interview with airline pilot Patrick Smith

by Hammer. An Italian translation is available here.

Conspiracy theorists often claim that the 9/11 hijackers were not skilled enough to fly airliners towards their intended targets. We have already shown that the vast majority of airline pilots have a completely opposite opinion. To delve further into this matter, we have asked professional pilot Patrick Smith for his point of view.

Patrick Smith is an airline pilot with more than twenty years of experience. He currently flies Boeing 757s and 767s. He is the host of the well-known Ask The Pilot website and author of the book Cockpit Confidential: Questions, Answers, and Reflections.

As you will read below, Smith shatters this conspiracy myth and shows once again that conspiracism is based on false information spread by incompetent people.

We thank Patrick Smith for his kindness and willingness to share his thoughts.


Undicisettembre: In your opinion, were the hijackers skilled enough to do what they did?

Patrick Smith: I think they were skilled enough to do what they needed to do. Their intentions obviously were very specific and relatively simple, from a flying perspective, and only a certain amount of skill was necessary.

They received primary training on small, light airplanes. Later, at least a few of the hijackers rented time on larger aircraft simulators – a Boeing 727 I believe it was – to get the gist of how a jetliner might handle. Additionally they obtained manuals and instructional videos for the 757 and 767, available from aviation supply shops. But they weren't performing complex maneuvers; they were going to steer an already airborne jetliner, in perfect weather, into the side of a skyscraper. That doesn't take a huge amount of skill and preparation.

Having said that, they certainly needed a bit of luck – with respect to the weather, for instance – and they got it.


Undicisettembre: The most mysterious of the hijackers is Hani Hanjour. Most conspiracy theorists think that the maneuver he did is physically impossible. What are your opinions about this?

Patrick Smith: If you look at the radar tracks, there’s nothing impossible about Hanjour’s maneuvering. Neither was there anything graceful, precise, or impressive about it. Basically he was flailing around at dangerously high speeds, in borderline control of the aircraft, demonstrating himself to be the shitty pilot that by all accounts he was.


Undicisettembre: Many conspiracy theorists also believe that it's impossible to fly such a big airliner 20 feet from the ground as Hani Hanjour did. What are your opinions about this?

Patrick Smith: I don’t understand why it should be impossible. It's perfectly possible to fly at a very high speed close to the ground for at least some amount of time.

There are certain aerodynamic phenomena that would make it difficult to continue along very close to the ground at very high speeds, but for a brief amount of time such flying is easily possible.


Undicisettembre: In your opinion why did Hani Hanjour choose to hit the side of the Pentagon instead of hitting the center of the building from above? This second option looks easier at first sight.

Patrick Smith: Hitting a fixed spot from above is very difficult. We really don’t know if Hanjour intended to hit the side of the building, or if he simply missed his target, but in fact he made it easier by coming in obliquely at a very shallow angle. Had he aimed for the middle, there’s a chance he would have overshot and missed building entirely.


Undicisettembre: What do you think about the wreckage of the airplane found at the Pentagon? Is it too small in your opinion?

Patrick Smith: Conspiracy theorists will argue that airplane crashes leave pieces of recognizable wreckage, such as tails, wings, engines, etc – none of which were found in the damage at the Pentagon. But crash dynamics can vary quite a bit, and high energy impacts often result in total devastation, leaving no large or easily identifiable pieces.

Look at photos of the wreckage of the crash in 1994 of American Eagle flight 4184. This was a turboprop that stalled at high altitude and came down nearly vertically into a field of soft earth. The only recognizable piece was a bit of the tail. American 77 was a Boeing 757 traveling at a much higher speed, and it didn't crash into a field but into façade of masonry and steel. The impact was disintegrative: exactly what you'd expect.

Even still, there were some small, twisted pieces of metal where you could see bits of the American Airlines livery.


Undicisettembre: Can you confirm once and for all that it doesn't take any particular skill to turn off the transponder as the hijackers did? Conspiracy theorists used to say that this required lots of knowledge and training, is it true?

Patrick Smith: Turning off the transponder is as simple as moving a switch from one position to another. All they needed to know is where the transponder was.


Undicisettembre: And is this something the pilot can do by himself or does he need support from air traffic controllers?

Patrick Smith: The pilot can easily do it himself. I've been asked many times, “Why can you turn off the transponder?” There are a number of reasons. In normal operations, you turn the transponder “on” before you begin to taxi and you turn it “off” when you arrive at your destination; the reason it's not left on is that it would cause a clutter of signals at the airport. Also there's a chance that the device can malfunction or send a faulty signal to air traffic control, in which case we are asked to “cycle” the transponder, turning it off and than on again; this happens very frequently. Third, it's important to be able to turn off any piece of the cockpit equipment “off” should it catch fire or be emitting smoke or suffer another kind of potentially unsafe failure.

The hijackers turned off the transponder because they did not want the air traffic control tracking their location, altitude and speed; the air traffic controllers were still able to identify the plane by what we call the “primary target” – the raw return of the radar hitting the side of the airplane – but it's not giving you the details the transponder can give you.


Undicisettembre: Many conspiracy theorists say that it's impossible to nose dive an airplane into the ground as Ziad Jarrah did with Flight 93. What do you think about it?

Patrick Smith: Why not? Of course you can nose dive an airplane. The plane is liable to break apart before actually reaching the ground, as apparently happened to flight 93, but there’s no reason you can’t push the jet into a near-vertical dive first.


Undicisettembre: Those pilots were trained on flight simulators, can you explain us what they are? Some conspiracy theorists seem to believe that they are just software you use on your PC.

Patrick Smith: There are different kinds of flight simulators, but the kinds used for airline training are large, full-motion machines that cost many millions of dollars each.

Some of the hijacker pilots rented time in a Boeing 727 simulator. Their training was very cursory, but for what they intended it didn’t need to be anything in-depth. It gave them a basic sense of how a jetliner would feel at the controls. That’s really all they needed.

People might wonder “How did they get access to these simulators?” Airlines have their own in-house training facilities, with their own simulators, but there are many third-party companies out there that rent simulator time to whomever might need it and can afford to pay. The rules and screening protocols may have tightened up since then, but at the time it was easy for someone to rent an hour or two in a full-motion simulator.


Undicisettembre: Is there anything in general that makes you think that the official version of 9/11 is a hoax and that it was an inside job instead?

Patrick Smith: No. From an airline pilot’s point of view, I don't see anything that makes me doubt the official record of what happened on 9/11. There are certain unanswered questions about the events of that day, but I am satisfied so far as the airplane-related “controversies” go.

Intervista con il pilota commerciale Patrick Smith

di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.

Una delle obiezioni più comuni mosse dai complottisti è che i dirottatori non fossero sufficientemente preparati per guidare gli aerei e condurli verso gli obiettivi prestabiliti. Abbiamo già mostrato in passato come il parere della stragrande maggioranza dei piloti di linea professionisti sia diametralmente opposto e per approfondire l'argomento abbiamo chiesto anche il parere del pilota professionista Patrick Smith.

Patrick Smith è un pilota di linea con oltre vent'anni di esperienza. Attualmente guida dei Boeing 757 e 767. È anche l'autore del noto sito web Ask The Pilot e del libro Cockpit Confidential: Questions, Answers, and Reflections.

Come potrete leggere di seguito, Smith stronca anche questa leggenda complottista e dimostra come, una volta in più, il complottismo si basa su informazioni false diffuse da chi non ha alcuna competenza.

Ringraziamo Patrick Smith per la cortesia e la disponibilità.


Undicisettembre: Secondo te i dirottatori erano sufficientemente preparati per fare ciò che hanno fatto?

Patrick Smith: Penso che fossero abbastanza preparati per fare ciò che dovevano fare. Le loro intenzioni erano ovviamente molto specifiche e relativamente semplici, dal punto di vista del volo, ed era necessaria solo una certa quantità di preparazione.

Avevano avuto una formazione di base su aerei piccoli e leggeri. In seguito, almeno alcuni dei dirottatori avevano fatto pratica su simulatori di aerei più grandi, credo che fossero dei Boeing 727, per provare la sensazione di come si comporta un aereo di linea. Inoltre si erano procurati manuali e video di istruzioni dei 757 e 767, reperibili nei negozi di materiale per l'aviazione. Ma non fecero manovre complesse; dovevano solo guidare un aereo che era già decollato, in perfette condizioni meteorologiche, e condurlo contro la fiancata di un grattacielo. Questo non richiede grandi livelli di bravura e preparazione.

Detto ciò, certamente ebbero anche bisogno di un po' di fortuna, per esempio per quanto riguarda le condizioni meteo, e la trovarono.


Undicisettembre: Il più misterioso dei dirottatori è Hani Hanjour. La maggior parte dei complottisti pensa che la manovra che fece sia fisicamente impossibile. Cosa ne pensi?

Patrick Smith: Se guardi i tracciati radar, non c'è nulla di impossibile nella manovra di Hanjour. Non c'è neanche nulla di morbido, preciso o sorprendente. Sostanzialmente stava volando in modo scoordinato a velocità pericolosamente elevate, tenendo a malapena l'aereo sotto controllo e dimostrandosi il pilota scadente che era secondo tutte le testimonianze.


Undicisettembre: Molti complottisti credono anche che sia impossibile volare con un aereo di linea così grande a sei metri dal suolo come fece Hanjour. Cosa pensi di questa affermazione?

Patrick Smith: Non capisco per quale motivo dovrebbe essere impossibile. È perfettamente possibile volare ad alta velocità vicino al suolo almeno per un po' di tempo.

Ci sono fenomeni aerodinamici che renderebbero difficile continuare a volare vicino al suolo ad alta velocità, ma per un breve periodo volare in quelle condizioni è facilmente possibile.


Undicisettembre: Secondo te perché Hani Hanjour decise di colpire il lato del Pentagono invece di colpire in centro dall'alto? Questa seconda opzione sembra più facile, a prima vista.

Patrick Smith: Colpire un punto preciso dall'alto è molto difficile. In realtà non sappiamo se Hanjour avesse intenzione di colpire il lato dell'edificio o se semplicemente mancò il proprio obiettivo, ma in effetti gli era più facile arrivare in obliquo con un angolo molto piccolo rispetto al suolo. Se avesse puntato verso il centro, avrebbe potuto arrivare lungo e mancare il palazzo completamente.


Undicisettembre: Cosa pensi dei rottami dell'aereo trovati al Pentagono? Credi che siano troppo piccoli?

Patrick Smith: I complottisti obiettano che gli schianti aerei lasciano pezzi di rottami riconoscibili, come code, ali, motori mentre non si vide nulla di ciò nei danni al Pentagono. Ma le dinamiche di uno schianto possono variare considerevolmente e gli impatti ad alta energia spesso portano alla distruzione totale, senza lasciare grossi rottami o pezzi facilmente riconoscibili.

Guarda le foto dei rottami dello schianto del volo American Eagle 4184 nel 1994. Era un aereo a turboelica che andò in stallo ad alta quota e venne giù quasi verticalmente in un campo di terra morbida. L'unico pezzo riconoscibile era un frammento della coda. Il volo American 77 era un Boeing 757 che viaggiava a velocità molto più alta e non si schiantò in un campo ma contro una facciata di muratura e acciaio. L'impatto fu disintegrante: proprio ciò che c'era da aspettarsi.

Nonostante ciò c'erano comunque pezzi di metallo piccoli e contorti sui quali si poteva scorgere qualche frammento della livrea dell'American Airlines.


Undicisettembre: Puoi confermare una volta per tutte che non serve avere grandi capacità per spegnere il transponder come fecero i dirottatori? I complottisti dicevano in passato che serviva grande competenza e pratica, è vero?

Patrick Smith: Spegnere il transponder è facile quanto spostare un leva da una posizione a un'altra. Dovevano solo sapere dove si trovasse il transponder.


Undicisettembre: Il pilota può farlo da solo o ha bisogno di aiuto dai controllori di volo?

Patrick Smith: Il pilota può farlo facilmente da solo. Mi è stato chiesto molte volte: “Perché puoi spegnere il transponder?” Ci sono varie ragioni. Durante le normali operazioni accendi il transponder prima di muovere l'aereo e lo spegni quando arrivi a destinazione; il motivo per cui non viene lasciato acceso è che causerebbe segnali indesiderati in aeroporto. Inoltre c'è la possibilità che il dispositivo non funzioni correttamente o mandi segnali erronei al controllo del traffico aereo, nel qual caso viene chiesto di fare un “ciclo” del transponder, cioè spegnerlo e riaccenderlo; succede molto spesso. Terzo, è importante poter spegnere qualunque pezzo della strumentazione di bordo se dovesse prendere fuoco o fare fumo o subire qualunque tipo di guasto potenzialmente pericoloso.

I dirottatori spensero il transponder perché non volevano che i controllori di volo tracciassero la loro posizione, altitudine e velocità; i controllori di volo potevano ancora identificare l'aereo con quello che noi chiamiamo “radar primario”, il ritorno grezzo del radar che colpisce il lato dell'aereo, che però non ti dà i dettagli che il transponder può dare.


Undicisettembre: Molti complottisti sostengono che sia impossibile schiantare al suolo un aereo di linea verticalmente come fece Ziad Jarrah con il Volo 93. Cosa pensi di questa asserzione?

Patrick Smith: Perché no? Certo che si può schiantare verticalmente un aereo di linea. L'aereo potrebbe iniziare a distruggersi prima di arrivare al suolo, come sembra sia successo al volo 93, ma non c'è motivo per cui non si possa anzitutto portare l'aereo in picchiata quasi verticale.


Undicisettembre: I piloti dirottatori si esercitarono sui simulatori di volo. Puoi spiegarci cosa sono? Alcuni complottisti sembrano credere che siano solo software che si installano sul PC di casa.

Patrick Smith: Ci sono vari tipi di simulatori, ma quelli usati per l'addestramento dei piloti di linea sono grandi macchinari “full motion” che costano svariati milioni di dollari l'uno.

Alcuni dei piloti dirottatori affittarono un simulatore di un Boeing 727 per un po' di tempo. Il loro addestramento fu molto sbrigativo, ma per le intenzioni che avevano non serviva un addestramento dettagliato. Diede loro la sensazione generale di come sia pilotare un aereo di linea. Era tutto ciò di cui avevano bisogno.

La gente potrebbe domandarsi “Come ebbero accesso a questi simulatori?” Le compagnie aeree hanno le proprie strutture per l'addestramento, con simulatori propri, ma ci sono anche società terze che affittano i simulatori a tempo a chiunque possa permetterselo. Le regole e i protocolli di selezione possono essere diventati più rigidi da allora, ma all'epoca era piuttosto semplice noleggiare un simulatore “full motion” per un'oretta o due.


Undicisettembre: In generale, c'è qualcosa che ti fa pensare che la versione ufficiale sull'11/9 sia una bufala e che in realtà fu un autoattentato?

Patrick Smith: No. Dal punto di vista di un pilota di linea, non c'è nulla che mi faccia dubitare della ricostruzione ufficiale di ciò che accadde l'11/9. Ci sono sicuramente domande senza risposta sugli eventi di quel giorno, ma non ho dubbi sulle “controversie” legate agli aerei.