2015/05/25

Operation Yellow Ribbon: la reazione canadese agli attacchi dell'11/9

di Hammer

Gli Stati Uniti non furono l'unica nazione che dovette fronteggiare gli attentati dell'11/9 mentre si stavano svolgendo: anche il loro vicino più a nord, il Canada, con cui condividono storia, tradizione, cultura e il confine più lungo del mondo, dovette ricorrere a procedure mai attuate prima per aiutare gli USA nell'organizzazione della propria difesa e per liberare lo spazio aereo nel più breve tempo possibile. L'operazione fu denominata Operation Yellow Ribbon.

Dopo che la FAA ordinò di fare atterrare tutti i voli interni, lo stesso ente chiese il supporto del Dipartimento dei Trasporti del Canada e dell'agenzia Nav Canada per fare atterrare in Canada tutti i voli intercontinentali diretti verso gli Stati Uniti. Durante l'operazione tutti i voli in partenza dagli aeroporti canadesi furono cancellati.

Le fonti che abbiamo utilizzato per la nostra ricerca sono le informazioni fornite da Nav Canada alla pagina NAV CANADA and the 9/11 Crisis, il documento PDF 11-09-2001 Four Days in September di Transport Canada, gli articoli di giornale Scores of U.S.-Bound Planes Are Diverted to Canadian Airports, pubblicato dal New York Times il 12 settembre 2001, e International Flights Diverted to Canada di DeNeen Brown, pubblicato dal Washington Post il 12 settembre 2001, alcuni articoli del National Post del 12/9/2001 e il documentario Operation Yellow Ribbon della NBC trasmesso per la prima volta il 27 febbraio 2010 in occasione delle olimpiadi invernali di Vancouver.

Il dipartimento Transport Canada attivò un situation center al quattordicesimo piano della Torre C del Place de Ville di Ottawa (immagine a fianco); la sede era originariamente stata costruita per gestire gravi terremoti sulla costa occidentale, ma dalla sua attivazione nel 1994 non se ne è verificato neanche uno. Negli anni era comunque stata utilizzata per altri scopi, per esempio per la gestione della tempesta di ghiaccio in Ontario del 1998 e per lo schianto del volo Swissair 111 a Paggys Cove nello stesso anno. Il situation center rimase attivo per tre settimane.

Al contempo Nav Canada attivò un centro di comando strategico nella propria sede principale di Ottawa, allo scopo di coordinare tutta l'operazione, e un centro di comando tattico nella propria sede per la formazione a Cornwall, Ontario, per gestire le comunicazioni con gli aeroporti e le torri di controllo. Il centro di comando tattico rimaste operativo solo per la giornata dell'11/9 e dopo che tutti i voli furono fatti atterrare fu spostato nella sede di Ottawa e le funzioni dei due uffici furono fuse.

Al momento degli attacchi circa 500 voli intercontinentali erano diretti verso gli Stati Uniti e Transport Canada consentì l'accesso sul suolo canadese di tutti quelli che erano oltre la metà nel proprio tragitto verso il continente americano, a tutti gli altri fu chiesto di tornare verso il loro aeroporto di origine. I velivoli entravano nello spazio canadese alla media di due al minuto e uno degli aspetti problematici che fu gestito fu far entrare tutti i passeggeri sul suolo canadese con i dovuti controlli di frontiera.

Per i voli di provenienza atlantica furono preferiti gli aeroporti che si trovano sulla costa occidentale e solo un numero ridotto di velivoli fu diretto verso quelli più grandi, e quindi più trafficati, di Ottawa, Toronto e Montreal.

Il primo aeroporto a essere coinvolto fu l'International Airport della città di Gander (immagine a fianco scattata l'11/9/2001), nel Newfoundland, in quanto è il più orientale di tutto il Canada. Gander è una piccola città di 10.000 abitanti e i voli previsti in arrivo quella mattina erano solo otto, al contrario ne atterrarono 38 creando non poche difficoltà ai controllori di volo e portando oltre 6000 persone nella cittadina.

L'unità di controllo di Gander controlla anche tutti gli aeroporti del Newfoundland e delle zone immediatamente circostanti e quella mattina riuscì a fare atterrare nei propri aeroporti 167 voli. L'aeroporto maggiormente coinvolto fu quello di Halifax, dove ne arrivarono oltre 40. Molti dei velivoli atterrati sulla costa orientale dovettero scaricare il carburante per raggiungere un peso adatto all'atterraggio.

Similmente sulla costa occidentale 34 voli provenienti dall'Oceano Pacifico furono fatti atterrare nell'aeroporto di Vancouver.

Durante questa operazione si verificarono, come è ovvio, alcuni incidenti dovuti a falsi allarmi su sospetti aerei dirottati che coinvolsero l'aviazione militare canadese. Ci siamo occupati in passato del caso del volo Korean Air 85, ma non fu l'unico: Nav Canada e i giornali dell'epoca riportano un caso analogo occorso ad un 747 proveniente dalla Cina (per esempio ne parlò brevemente il National Post il 12 settembre 2001, pag. A9).

Secondo i dati forniti da Transport Canada sul suolo nazionale entrarono 33.000 persone in 224 voli, Nav Canada riporta invece che i velivoli coinvolti furono 238 e non specifica il numero dei passeggeri.

Gli impatti di un tale afflusso di persone non furono limitati agli aeroporti e all'aviazione in generale. Anche gli alberghi, le scuole e le palestre del Canada dovettero attrezzarsi per ospitare i viaggiatori scesi dagli oltre 200 voli. Le autorità locali chiesero ai propri cittadini di aiutare gli ospiti che la nazione si trovava ad avere in modo del tutto inaspettato e la risposta della popolazione fu notevole. Molte persone si presentarono spontaneamente agli aeroporti per offrire posti letto e pasti nelle loro case. Inoltre numerosi esercizi commerciali, incluse le farmacie, rimasero aperti oltre le ore previste concedendo gratuitamente cibo e medicine.

Ovviamente lo sforzo canadese fu molto apprezzato dalle autorità degli Stati Uniti che espressero il loro ringraziamento, attraverso il Segretario dei Trasporti Norman Mineta in diretta televisiva il giorno stesso; nel decennale degli attentati anche il Presidente Obama scrisse una lettera al Primo Ministro del Canada, Stephen Harper, per ringraziarlo del prezioso aiuto fornito dalla sua nazione dieci anni prima.

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